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Vendredi saint


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Ma Gesù allora dice l’ultima sua parola: «Tetélestai, è compiuto», è davvero finalmente tutto realizzato, «e reclinato il capo trasmise lo Spirito» (parédoken tò pneûma). Ha compiuto tutta la sua vocazione, tutta la sua missione e quindi nella sua ora, l’ora dell’innalzamento e l’ora della gloria, Gesù può trasmettere, trasmettere lo Spirito. Notate che qui si usa il verbo paradídomi, il verbo che indica anche la tradizione, la parádosis; dove gli altri vangeli dicono che Gesù spirò, Giovanni non può dire se non che Gesù trasmise lo Spirito. Ed ecco allora che dal suo fianco escono sangue e acqua. Sangue perché Gesù è morto, e un uomo morto per la violenza, se viene trafitto lascia uscire il sangue dalla ferita. Gesù, ormai morto, ricevendo il colpo della lancia, da parte del soldato che vuole verificare la sua morte, lascia uscire il sangue. Ma Giovanni annota che ne uscì anche acqua. Questa è una novità, è lo straordinario, e Giovanni vede davvero qui il compimento. Gesù aveva gridato: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me, perché sta scritto: “Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal mio fianco”» (Gv 7,37-38); ebbene, ora dal fianco di Gesù esce anche l’acqua, esce lo Spirito santo. Là Giovanni aveva annotato: «Così parlava del dono dello Spirito perché i credenti non lo avevano ancora ricevuto» (cf. Gv 7,39). Ma ecco che qui Gesù trasmette lo Spirito santo, e quell’acqua che esce dal suo fianco è come l’acqua che esce dal fianco del tempio, dal lato del tempio, un fiume di acqua viva (cf. Ez 47,1-12).

Carissimi, noi oggi siamo posti di fronte a questa morte umana vissuta nell’amore, in modo che una morte, pur violenta, ingiusta, ignominiosa, perché morte di un peccatore – Paolo dirà, addirittura, di un maledetto da Dio e dagli uomini (cf. Gal 3,13) – non è più solo ignominia, sofferenza e patimenti, ma è anche innalzamento e gloria. Noi dovremmo ricordare questo, dovremmo ricordare lo specifico della sofferenza, della passione di Gesù: l’ingiustizia dovuta agli uomini. Ma dovremmo anche assumere una grande consapevolezza e responsabilità: noi, ciascuno di noi, io, nella mia vita ho provocato e provoco sofferenza ingiusta, oppressione agli altri? E come vivo la sofferenza subìta, provocata dalla falsità e dall’ingiustizia degli altri? La domanda riguarda la violenza che noi facciamo agli altri e la violenza che noi subiamo. Per entrambe il riferimento è solo Gesù che, come dice Pietro, «nella sua passione non rispondeva con violenza alla violenza» (cf. 1Pt 2,23). Il riferimento è Gesù, colui che ha fatto di uno strumento ignominioso, la croce, una via di gloria, la via dell’amore.

ENZO BIANCHI, priore di Bose