Conférence du métropolite Hilarion de Volokolamsk

 

2. Il testo della Scrittura nella Chiesa ortodossa

Attenta non alla lettera, ma allo spirito, la Chiesa ortodossa non ha mai canonizzato alcun testo o traduzione, alcun manoscritto o edizione della sacra Scrittura. Nella tradizione ortodossa non vi è un testo della Bibbia comunemente adottato. Vi sono divergenze tra le citazioni bibliche dei vari Padri della Chiesa; tra la Bibbia adottata nella Chiesa greca e quella slavo-ecclesiastica; tra i testi slavo-ecclesiastici della Bibbia e la traduzione Sinodale russa raccomandata per la lettura domestica.

In questo, la tradizione ortodossa si distingue da quella cattolica, in cui per un lungo periodo (dal concilio di Trento al concilio Vaticano Secondo) l’unico testo autorevole della bibbia era ritenuta la traduzione in latino (la Vulgata) nella edizione del 1592 (la cosiddetta Vulgata Clementina).

La questione di canonizzare la Bibbia slavo-ecclesiastica come testo “autosufficiente, al pari della Vulgata latina” fu posta nel xix da N.A. Protasov (1836 – 1855 ??.), procuratore del Santo Sinodo. Tuttavia, scrive san Filarete di Mosca, “il Santo Sinodo, per le difficoltà di correzione della Bibbia slava non ha proclamato il testo slavo come affatto autosufficiente e ha così saggiamente impedito quelle difficoltà e confusioni, che sarebbero state uguali se non maggiori a quelle suscitate nella Chiesa di Roma dalla proclamazione della Vulgata come autosufficiente”(9).

La Chiesa ortodossa ritiene che l’annuncio cristiano debba risuonare in tutte le lingue del mondo. Di questo ci parla simbolicamente il racconto degli Atti degli Apostoli sulla pentecoste (Atti 2). La traduzione della Buona Novella in greco risale ai primissimi tempi dell’era cristiana; è nella traduzione greca, e non nella lingua natia di Gesù, che le Sue parole sono giunte a noi.

Nella storia della Chiesa ci furono vari tentativi di dichiarare alcune lingue “sacre” e tutte le altre “profane”. I santi Cirillo e Metodio, ad esempio, fondatori delle lettere slave, dovettero lottare con la cosiddetta “eresia trilinguista”, i cui sostenitori ritenevano che nella liturgia e letteratura cristiana fossero ammissibili solo tre lingue: ebraico, greco e latino. L’eresia fu superata, ma tentativi recidivi, miranti a definire “sacra” una qualche lingua, s’incontrano anche nella successiva storia della Chiesa. Già dal Medioevo la Bibbia esistette nelle Chiese ortodosse tradotte in lingue nazionali: greco, slavo, georgiano.

Un ruolo importante nella tradizione ortodossa è svolto dalla traduzione greca dell’Antico Testamento, quella dei Settanta. Quella traduzione fu eseguita nei secoli iii-ii avanti Cristo ad Alessandria, ma, venendo trascritta in ambito cristiano, il testo dei Settanta fin dall’antichità subì varie redazioni, veniva confrontato con il testo ebraico, onde tra i manoscritti della Bibbia greca esistono divergenze che sono il frutto di una lunga storia manoscritta. La Tradizione ci tramanda i nomi dei redattori della Bibbia greca: il famoso maestro della chiesa primitiva Origene, il santo martire Luciano, Esichio.

Tra i Settanta, il testo ebraico impiegato da san Gerolamo e il testo masoretico, che è alla base di tutte le principali traduzioni della Bibbia nelle lingue occidentali contemporanee, esiste una quantità di divergenze.
Il ruolo dei Settanta per l’ortodossia è tanto importante, che san Filarete di Mosca poté affermare: “Nell’insegnamento ortodosso sulla Sacra Scrittura il testo dei Settanta è degno del riconoscimento di una dignità dogmatica, in alcuni casi pari all’originale e persino superiore a quella forma di testo ebraico comunemente adottata nelle edizioni moderne”(10). Ciò è dovuto a tre fattori. In primo luogo, la Settanta può essere utilizzata per ristabilire il testo antico in quei punti dove nel testo masoretico sono penetrati degli errori. In secondo luogo, molte citazioni (certo non tutte) dall’Antico Testamento nel Nuovo Testamento riflettono il testo dei Settanta. In terzo luogo, il testo della Bibbia greca fu impiegato sia nelle opere greche dei Padri della Chiesa, sia negli scritti liturgici della tradizione ortodossa.

Non sarebbe corretto, tuttavia, affermare che la Settanta, e solo essa, sia la Bibbia dell’Ortodossia. San Filarete di Mosca, di cui abbiamo ora citato le parole sul valore della Settanta, a metà del xix secolo diresse il lavoro di traduzione dell’Antico Testamento in lingua russa. La traduzione eseguita sotto la sua direzione fu fatta (per la prima volta nel mondo ortodosso) sulla base del testo masoretico, tenendo conto, dove era opportuno, delle lezioni dei Settanta. Questa traduzione, finalizzata alla lettura domestica, fu edita per la prima volta nel 1876 con la benedizione del Santo Sinodo (da cui il nome di “Sinodale”). Da allora è stata ristampata, per le necessità della Chiesa russa, senza alcuna modifica sostanziale ed ha assunto oggi, al di fuori dell’uso liturgico, lo status di traduzione di uso generale o addirittura di traduzione ufficiale della Chiesa ortodossa russa.

Alla traduzione sinodale è toccato il compito di accompagnare i cristiani russi negli anni più bui della nostra storia, gli anni di inaudite persecuzioni per la Chiesa, col divieto di diffondere la sacra Scrittura. In gran parte grazie a questa traduzione in Russia la fede si è conservata e, dopo la caduta dell’ateismo statale, è diventata possibile la rinascita della vita religiosa.

Nel servizio liturgico la Chiesa russa utilizza il testo slavo-ecclesiastico della Bibbia. Esso risale alle traduzioni dei santi Cirillo e Metodio e dei loro allievi, tuttavia nel corso dei secoli ha subito  redazioni e verifiche con altri testi biblici. La prima Bibbia slava completa fu edita nel 1499 su disposizione di san Gennadij, arcivescovo di Novgorod.  I compilatori della Bibbia di Gennadij non trovarono alcuni dei libri biblici in traduzione slava, perciò li tradussero dalla Vulgata latina (Cronache 1 e 2, Neemia, Esdra 1-3, Tobia, Giuditta, I Proverbi, i Maccabei, brani di Geremia ed Esther)(11). La Bibbia di Gennadij è alla base delle Bibbie slave a stampa dei secoli xvi-xviii, alla cui preparazione il testo slavo veniva confrontato con le edizioni a stampa della Bibbia greca e latina.

In tal modo, nella Chiesa ortodossa esistono testi che risentono di varie tradizioni testuali. Questo riflette, da un lato, la fedeltà alle antiche fonti bibliche cristiane, dall’altra la fedeltà alla tradizione dei santi Padri e della Chiesa primitiva.

Rifiutando di canonizzare un determinato testo o traduzione della Scrittura, la Chiesa ortodossa segue l’esempio della Chiesa apostolica. È noto che all’epoca del Nuovo Testamento esistevano varie tradizioni testuali dell’Antico: il testo ebraico antico, la versione dei Settanta, le versioni greche riviste della fine del i sec. a. C. – inizio del i sec. d. C. alternative alla Settanta. Molte citazioni dall’Antico Testamento presenti nel Nuovo sono a volte più vicine ai Settanta, talora al testo ebraico, talora al testo delle revisioni greche successive.

La lezione messianica dell’Antico Testamento, come citata nel Nuovo, corrisponde talora ai Settanta, talora al masoretico. La più nota divergenza tra la Bibbia masoretica e la Settanta è Isaia 7,14. È il testo dei Settanta (“La Vergine concepirà”) e non quello masoretico (“la giovane concepirà”) che viene citato da Mt 1,23, applicandolo al concepimento verginale di Gesù. Nella polemica con i giudei i cristiani talora sostennero che il testo ebraico fosse stato appositamente cambiato dagli scribi dopo la nascita di Cristo. Tuttavia i manoscritti di Qumran hanno mostrato che i testi del ii-i sec. a.C. coincidono qui con il testo masoretico.
In altri casi è invece il testo masoretico e non quello dei Settanta a recare la lezione messianica citata nel Nuovo Testamento. Così Is 42,1, citato in Mt 12,18 (“Ecco il mio servo che io sostengo / il mio eletto di cui mi compiaccio”) corrisponde esattamente al testo masoretico, ma diverge dai Settanta (“Giacobbe, mio servo, lo accoglierò. Israele, mio eletto, è stato da me accolto”).

Possiamo vedere così che la Chiesa apostolica non intendeva canonizzare un tipo determinato di testo biblico. Analogamente, anche per la Chiesa ortodossa le diverse forme di testo biblico, come le diverse traduzioni, sono componenti dell’unitario corso della Tradizione.