Lecture by metropolitan Chrysostomos of Messinia

 

4. Tale concezione dialettica (esperienziale ed escatologica) della sacra Scrittura nell’ambito dell’assemblea eucaristica viene applicata dai padri della chiesa anche nel contesto del simbolismo figurativo dell’adorazione divina. Il simbolismo figurativo di cui parlo non riguarda soltanto fatti e oggetti, ma tutti quei gesti e atti liturgici compiuti da chi agisce nell’adorazione; è incentrato sulla sacra eucaristia che costituisce, com’è noto, il fulcro dell’intera vita cultuale e iniziatica della chiesa. La sacra eucaristia è un atto, una liturgia, e come liturgia costituisce un’assemblea-comunità nella quale tutti − clero e popolo, ma anche tutti gli elementi (cioè forme e gesti) − raffigurano qualcosa del futuro: i novissima, le cose ultime, con cui s’identifica la verità stessa. Per questo l’eucaristia come assemblea è immagine del regno di Dio e pregustazione di gioia e di letizia. Il significato e l’importanza della caratterizzazione dell’assemblea eucaristica come comunità sono affermati in particolare da Simeone di Tessalonica, il quale, interpretando Dionigi l’Areopagita, dice: “Per quanto riguarda la sacra liturgia, cioè l’eucaristia e la comunione che Dionigi definisce come ‘com-unione’, cioè unione di Dio con noi, santificazione, pienezza di grazia, fulgore, ripudio di ogni avversario, elargizione di ogni bene, cosa vi è mai di più diverso dall’opposizione a Dio della comunione? Questo è il mistero dei misteri, santo tra i santi, è davvero la cosa più santa tra tutte, il rito per eccellenza, è iniziazione e compimento, poiché l’unico Logos iniziatore lo ha forgiato e lo ha donato. È qui il Logos, è il rito, e ce lo ha dato per restare con noi” (Sulla divina liturgia, PG 155, 253 B-C).

Ora, è noto che le interpretazioni patristiche della Divina liturgia concepiscono l’eucaristia come assemblea, comunione, e immagine, come un atto e una liturgia che è immagine del regno di Dio. Principale rappresentante di questo approccio interpretativo è Massimo il Confessore. Parallelamente, tuttavia, esiste anche un gruppo di ermeneuti patristici che attribuiscono maggior peso alla raffigurazione storica dei fatti della vita terrena di Cristo, così come vengono citati nei Vangeli e integrati nella liturgia. Si tratta di Teodoro di Mopsuestia, Procoros di Costantinopoli, Sofronio di Gerusalemme, Ghermanòs di Costantinopoli, Teodoros di Andido e Simeone di Tessalonica citato sopra. E da questo emerge o un’adozione del simbolismo storico − cioè la ripetizione e il riferimento ai fatti dell’Antico e del Nuovo Testamento −, oppure una corrispondenza tra le realtà terrene e quelle celesti.