Lo spazio dell'altro

Davide Benati
Davide Benati

4 maggio 2024

Gv 10,1-21

In quel tempo disse Gesù:1 «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. 11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. 20Molti di loro dicevano: «È indemoniato ed è fuori di sé; perché state ad ascoltarlo?». 21Altri dicevano: «Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi ai ciechi?».


Il brano di oggi ci parla di recinti, di porte, di ladri e mercenari, di pastori e di pecore. Tutti questi elementi sono tenuti insieme dalla qualità della relazione che si instaura tra loro.

O meglio in base al tipo di relazione che si crea con le pecore si userà la porta o invece si scavalcherà il recinto; in base alla relazione di fiducia che sorgerà con le pecore, esse seguiranno chi hanno di fronte o invece fuggiranno via spaventate. 

Si può riassumere dicendo che la qualità della relazione che si instaura dipende molto da come si vive e si rispetta lo spazio dell’altro. È una questione di confini. 

Confini intesi non tanto come degli sbarramenti di difesa dall’altro, ma come dei limiti che ciascuno deve rispettare perché l’altro possa vivere in libertà.

Il brano del vangelo di oggi ci presenta due modi ben diversi di relazionarsi con le pecore. Il primo quello del ladro e del mercenario in cui la relazione di sfruttamento e di disinteresse verso le pecore, al di là del guadagno, spiega perché debbano infilarsi nell’ovile di nascosto. Giustamente le pecore non riporranno in essi nessuna fiducia. Al contrario la relazione che il Pastore buono crea con le pecore esplicita quel desiderio che lui stesso ha e che coincide con quello del Padre, ovvero quello che le pecore abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Il Pastore, con il suo modo di fare, indica la strada perché le pecore possano creare un solo gregge, ovvero che possano vivere in unità creando delle relazioni salde, solidali e fraterne. Le pecore hanno potuto sperimentare questo tipo di relazione dal Pastore stesso. Egli si è preso cura di loro, conoscendole per nome, e camminando insieme a loro. Così ha fatto conoscere la bellezza del vivere insieme, nell’unità. Al contrario il ladro e il mercenario faranno fuggire le pecore, disperdendole. Dunque esse conosceranno la disgregazione che causa diffidenza e paura.

Il discorso di Gesù, nonostante l’incomprensione e l’ostilità dei suoi interlocutori si approfondisce ulteriormente e la distanza tra il comportamento del ladro e quello del Pastore buono aumenta esponenzialmente.

Infatti il ladro, nel momento del pericolo, abbandona le pecore in pasto ai lupi. Il Pastore buono è pronto a dare la sua vita per loro, mosso sempre da quel desiderio che le sue pecore abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Infine l’immagine, non immediata, che il Pastore è la Porta delle pecore può essere interpretata con l’idea che egli, attraverso quello che ha vissuto insieme alle pecore, è l’accesso per loro a vivere in un altro modo. In quella maniera in cui Gesù stesso è vissuto: attraverso la cura di chi gli è stato affidato e anche il tentativo di risvegliare gli animi di chi si allontanava da lui per la durezza del loro cuore. In entrambi i casi ha messo al primo posto l’intento di costruire una relazione di fiducia e di amore, rispettando i tempi e i “confini” di ciascuno, perché potessero liberamente scegliere la vita e viverla in abbondanza.

sorella Beatrice