Pregare nella storia


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Tempera e oro su vecchia tavola di cipresso, cm 35 x 20
MARGHERITA PAVESI, Uomo di pace
Le parole della spiritualità
di ENZO BIANCHI
La preghiera è una componente essenziale della storia perché il grido dei poveri e delle vittime che sale a Dio chiedendo

Può infastidire o indisporre alcuni, ma ogni volta che infuria una guerra il successore di Pietro, il papa, chiede di pregare con insistenza affinché si aprano vie di pace, di dialogo e quindi di riconciliazione; vescovi e pastori di altre confessioni cristiane invitano anch’essi alla preghiera; cristiani di tutte le età, uomini e donne di ogni angolo della terra si rivolgono al loro Dio, Padre di tutti, con una sofferta intercessione. Rito inutile? Rifugio tranquillizzante per la coscienza? No, proprio la preghiera è eloquenza della loro fede: se non ci fosse la preghiera – questo rivolgersi a Dio dandogli del tu – non ci sarebbe neanche la fede, che è fiducia riposta in Dio, adesione al Signore vivente. Per il cristiano è proprio la preghiera l’azione per eccellenza, l’opera da compiere, la prassi, l’azione efficace nella storia. Quando si vivono ore di guerra, ciascuno misura innanzitutto la propria impotenza, l’incapacità a capire con chiarezza le ragioni stesse di un conflitto. Ma è proprio misurando la propria impotenza che il cristiano si rivolge al Signore: non per invocare soluzioni magiche, non per sentirsi sottratto all’impegno e alla responsabilità, non per essere esentato dalla storia, ma perché la sua fede nel Signore della storia lo porta a intercedere.