La comunità di Bose si insedia in Toscana


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La Repubblica, 4 aprile 2013
di MARIA CRISTINA CARRATU'
Nell' antichissima pieve di Santa Maria Assunta a Cellole, incastonata sulle colline toscane fra Castelfiorentino e San Gimignano, nel territorio della diocesi di Volterra e in quello del Comune di San Gimignano

La Repubblica, 4 aprile 2013
di MARIA CRISTINA CARRATU'

È un ordine monastico fra i più recenti, ma è subito diventato un importante punto di riferimento della spiritualità cenobitica, capace, a differenza di altri ordini più antichi, di «parlare la lingua» degli uomini di oggi. Merito, in gran parte, delle doti «profetiche» del suo fondatore, Enzo Bianchi, ex economista che nel ' 65 aveva scelto Bose, frazione abbandonata sulla serra di Ivrea, per cambiare vita e dedicarsi all' annuncio del Vangelo, e che poco dopo, all' arrivo dei primi fratelli, ha scritto le regole del nuovo ordine monastico fondandolo su uno stile di vita «evangelico e radicale». Oggi Bose conta un' ottantina di fratelli e sorelle di diversa nazionalità, è meta di pellegrinaggi da tutto il mondo, dialoga con non credenti e fedeli di altre religioni, ha aperto piccole fraternità anche ad Ostuni, Assisi, e Gerusalemme. E adesso sbarca in Toscana, nell' antichissima pieve di Santa Maria Assunta a Cellole, incastonata sulle colline toscane fra Castelfiorentino e San Gimignano, nel territorio della diocesi di Volterra e in quello del Comune di San Gimignano (che però fa parte della diocesi di Siena).

E' proprio per questo singolare crocevia di appartenenze che domenica, all' inaugurazione della nuova fraternità (dalle ore 10) con la messa celebrata dal vescovo di Volterra Alberto Silvani, ci saranno anche i vescovi di Siena Antonio Buoncristiani, di Arezzo Riccardo Fontana e di Fiesole Mario Meini (assente invece l' arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, impegnato altrove), oltre al sindaco di San Gimignano. Ad accogliere gli ospiti, il priore di Bose, Enzo Bianchi. A Cellole, per cominciare, si sono già stabiliti tre fratelli, Emiliano, Giuseppe e Domenico, a cui si aggiungerà presto Davide, presbitero, con l' incarico di amministrare i sacramenti, tutti «allenati» a Bose al nuovo, impegnativo incarico: «Gli edifici non bastano, una nuova fraternità si può fondare solo se esistono persone che fraternizzano» spiega il responsabile di Cellole Emiliano Biadene, che racconta come sia stato «indispensabile, per realizzare questo progetto, anche il sostegno dei tanti amici che negli anni hanno fatto capo alla nostra casa madre, e quelli che si sono dati da fare per noi qui in Toscana». La presenza degli «inviati» di Bose mette fine a un lungo periodo di semiabbandono della meravigliosa pieve romanica, rovinata dal tempo e mai restaurata, ancora parrocchia ma quasi priva di parrocchiani residenti. «E' stato Enzo Bianchi a scoprirla e a decidere subito di valorizzarla», spiega Emiliano, «un luogo di questa bellezza, sobrio e ameno nello stesso tempo, invita di per sé alla preghiera e alla contemplazione, che sono il cuore stesso della nostra esistenza monastica». Un luogo come Cellole, insomma, bello, e testimone di una lunga storia umana, «aiuta di per sé a entrare nello spirito profondo del Vangelo».

L' accordo con la diocesi di Volterra è stato raggiunto molto rapidamente: la diocesi ha donato Cellole alla Comunità di Bose col vincolo di destinarla alla vita monastica, e di restituirla alla Chiesa se per qualche motivo i monaci dovessero andarsene. Quindi sono cominciati i lavori di ristrutturazione e restauro, tutti sostenuti dalla casa madre di Bose. La pieve fondata prima del Mille è stata interamente recuperata, sono tornati a nuova bellezza la cappella, la vecchia canonica dove ora abitano i monaci, un chiostro, e rimesso in sesto un piccolo edificio che sarà per l' ospitalità, con una decina di camere e una quindicina di posti letto destinati a chiunque voglia ritirarsi in meditazione.

 di MARIA CRISTINA CARRATU'