L’ospitalità, l’accoglienza

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...riceverai tutti con onore, con semplicità, ma anche con delicatezza...

 Fratello, sorella, pratica l’ospitalità sapendo che è Dio che viene a te da pellegrino. Ogni ospite che giunge in comunità sarà dunque accolto da te come Cristo in persona. Riceverai tutti con onore, con semplicità, ma anche con delicatezza, e cercherai di credere che in loro è presente Cristo.

L’ospitalità non è un servizio accidentale: è un ministero che eserciti in nome di Cristo al mondo.

(Regola di Bose 38.40)

L’ospitalità è un ministero che il celibato consente di praticare in modo particolarmente intenso. Se vari sono i motivi che spingono molti ospiti a soggiornare nella comunità di Bose (ormai si registrano più di quindicimila passaggi all’anno), credenti ma anche non credenti, uomini di chiesa e gente ai margini sia della società che della stessa chiesa, unico è l’atteggiamento con cui si cerca di accoglierli: “ogni ospite sarà accolto da te come Cristo in persona”.

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Il servizio alle chiese

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Fratello, sorella, se sei venuto in comunità non è per te stesso ma per i fratelli, uomini e cristiani. La missione è una funzione di tutta la chiesa, che tu realizzi nelle relazioni con quelli che non confessano Cristo a loro salvezza. La comunità non è fine a se stessa: essa è stata inviata al mondo per annunciare la buona notizia. Il senso della missione deve perciò pervaderla. Per attuare tale missione, la comunità può decidere la creazione di fraternità. Come i discepoli di Cristo inviati a due a due, i fratelli in missione e fraternità sono un segno dell’annuncio del Cristo presente. Fratello, sorella, tu provieni da una chiesa cristiana. Non sei entrato in comunità per rifare una chiesa che ti soddisfi, a tua propria misura; tu appartieni a Cristo attraverso la chiesa che ti ha generato a lui con il battesimo. Riconoscerai perciò i suoi pastori, riconoscerai i suoi ministeri nella loro diversità, e cercherai di essere sempre segno di unità. Guardati dal criticare meschinamente e con amarezza, senza amore, la chiesa. Più volte sarai tentato di farlo. Ma guarda prima la vita della comunità. Non scopri in essa tante deficienze come nella chiesa?

(Regola di Bose 41-43.45)

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Gli inizi della comunità

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 Fu il bisogno di vivere in modo radicale il desiderio e l’attesa delle promesse del regno a condurre il fondatore della comunità, fr. Enzo, allora studente universitario presso la Facoltà di economia e commercio dell’Università di Torino, a riunire in maniera regolare, a partire dal 1963, nel suo appartamento torinese di via Piave 8, un piccolo gruppo di giovani cattolici, valdesi e battisti.

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