La fragilità - Ritiro di Natale - Luciano Manicardi
Domenica 15 Dicembre 2019, ore 10:30
Ascolta un passaggio del ritiro
Domenica 13 dicembre 2019 si è tenuto a Bose il ritiro di Natale, predicato da fratel Luciano, priore della nostra comunità. La chiesa e il salone sottostante, gremiti di ospiti, hanno fatto da cornice alla meditazione che ha avuto come tema la fragilità. Il Natale è l’occasione propizia per parlare di questa condizione evidentissima del genere umano, condizione che spesso viene inconsciamente rimossa. Il mistero dell’incarnazione, secondo il quale Dio ha preso carne umana, ci pone di fronte a un Dio che non evita l’estrema fragilità dell’essere umano e, in particolare, del neonato, di chi, cioè, è totalmente dipendente da altri per la propria sopravvivenza.
Il tema della fragilità ha evidenti ripercussioni sul piano personale, relazionale, sociale e politico ed è quanto mai attuale. La fragilità è un appello, ha il potere di chiamare, di sollecitare una risposta, è, in un certo senso, una vocazione. Come rispondiamo alla fragilità che riconosciamo in noi e negli altri? Come ci poniamo di fronte alla minaccia che ci possiamo spezzare da un momento all’altro?
Accogliere la fragilità di chi mi sta di fronte, è accoglierne l’unicità, riconoscere il volto di chi ci è di fronte, condannando l’indifferenza, l’avversione, il disprezzo, l’emarginazione, la violenza verbale e fisica e, soprattutto, il ragionare per categorie. È quanto fatto anche da Gesù nei suoi incontri e che, a casa di Simone il fariseo, incontra una donna, una prostituta, e però ha il coraggio di non ragionare per categorie ma di vedere la donna che ha di fronte con la sua ferita, con i suoi gesti di amore verso di lui. “Simone, vedi questa donna?” (Lc 7, 44) dirà Gesù, cercando di far uscire anche Simone da quello sguardo che limita la persona a una categoria estranea.
Fragile è ciò che si può spezzare, per cause sia esterne sia interne. Ma qual è il contrario di fragile? Forza, resistenza, robustezza, fermezza sono tutti contrari ma, per certi versi, incompleti. La fragilità, proprio perché indica la possibilità che una cosa possa essere spezzata, è un appello alla cura e alla responsabilità, ricordando che le cose sono caduche perché devono finire, ma sono anche fragili perché possono finire in ogni momento.
Di fronte alla fragilità umana sono importanti due atteggiamenti: riconoscere la fragilità che ci abita e accogliere la fragilità che abita negli altri, e prendersi cura delle persone ferite dalla fragilità, cioè, guardare l’altro riconoscendo la sua sofferenza. Nel rapporto tra esseri umani, fragili e frangibili, è importante che si instaurino rapporti di fiducia che responsabilizzano chi riceve la fiducia e che aprono al futuro di chi la da.
Fratel Luciano, ha poi toccato alcuni punti cardine per un percorso di umanizzazione della fragilità.
Di fronte al male subìto, imparare la resilienza può essere una via per ricreare la vita, per sottrarre la vita al rischio della fuga o del vittimismo. I momenti di crisi, inoltre, sono momenti dolorosi ma sempre potenzialmente fecondi, in quanto momenti di profonda verità di sé e di ciò che ci circonda. È il momento in cui ci si rende conto che le certezze coltivate fino a quel momento diventano fragili e si sgretolano davanti alle nuove domande che emergono. Tali nuove domande possono stimolare l’affermazione di nuove, più solide, certezze. Imparare, inoltre, che il limite dà forma alla vita, come la cornice a un quadro, può essere una via per integrare meglio l’unica certezza che la vita ci pone di fronte e, cioè, che la vita verrà spezzata dalla morte.
Per ultimo, la fragilità può essere luogo di grazia se riconosciuta umilmente nelle nostre vite. Nonostante la sua indesiderabilità, la fragilità crea lo spazio per rapporti di solidarietà tra gli uomini. La fragilità non è un problema in sé, ma il problema è ciò che se ne fa. Essa può diventare la base, se accettata, di un agire etico e solidale.