Kasper: Individualismo, avidità e indolenza sono i nostri mali...

La Stampa, 11 settembre 2015
Di BRUNO QUARANTA

Parla il cardinale teologo: «Individualismo, avidità e indolenza sono i nostri mali» «Comunione ai divorziati risposati? Al Sinodo mi auguro un largo consenso

Walter Kasper, «un buon teologo, un teologo in gamba», come lo salutò Francesco nel primo Angelus, elogiandone il libro Misericordia (Queriniana), la virtù-guida del Pontefice «venuto dalla fine del mondo», fino a proclamare il giubileo straordinario della misericordia.

Presidente emerito del pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Kasper, 82 anni, è una figura naturalmente di casa a Bose, la comunità ecumenica del Biellese che ospita in questi giorni il convegno di spiritualità ortodossa Misericordia e perdono. 

Lei e Francesco...

«Prima che venisse eletto Papa avevo incontrato Bergoglio un paio di volte. Soprattutto, di lui, mi giungevano notizie, buone, dall’Argentina, circa i rapporti che intratteneva con i sacerdoti. Durante il Conclave le nostre stanze erano di fronte. Gli donai il mio libro. Il titolo lo toccò profondamente. Mi disse: “Misericordia è il nome del nostro Dio”».

Misericordia. Verso chi soffre. Verso chi erra. Quali le maggiori miserie del nostro tempo?

«Circoscrivo la risposta al mondo occidentale: l’individualismo, la sudditanza al denaro, l’ignavia, il male per eccellenza dell’Europa, come ha denunciato il Papa. Fortunatamente qualcosa sta mutando. Penso alla disponibilità mostrata verso i migranti, a cominciare dalla mia Germania».

E la maggiore miseria della Chiesa?

«L’incoerenza. La distanza fra la dottrina e il mondo. La dottrina costretta in una torre d’avorio, non venendo in soccorso alle ansie umane».

A proposito: si avvicina il Sinodo. Che cosa si possono attendere, per esempio, i divorziati risposati? Saranno ammessi alla comunione?

«Auspico, in merito, un largo consenso. Beninteso occorrerà costruirlo sagacemente. Sono fiducioso».

Un vescovo in sintonia con Bose, monsignor Bettazzi, non da ora si dice pro Dico, il riconoscimento delle unioni civili.

«Io dico che lo Stato è secolare, è laico, è autonomo. La Chiesa si muove in una diversa sfera». 

Non lontano da Bose, a Montalenghe, c’è una realtà lefebvriana. Lei crede che la Fraternità Pio X possa ritrovare la piena comunione con la Chiesa di Roma?

«La Chiesa di Roma ha compiuto verso i lefebvriani passi notevoli. Benedetto XVI si è mostrato assai generoso. Francesco ha da poco affermato che le assoluzioni sacramentali amministrate dai preti della Fraternità sono valide. Favorendo in particolare le anime, più che socchiudendo una porta a Ecône».

Ratzinger, verso i lefebvriani si è mostrato oltremodo generoso. Autorizzando l’uso del messale di Pio V, quindi la preghiera «pro eretici e scismatici perché il Signore li strappi da tutti i loro errori», mentre per gli ebrei è contemplata l’espressione «popolo accecato». Diverso l’insegnamento del Vaticano II.

«Sì, diverso e inscalfibile, si apra la dichiarazione Nostra aetate. E si meditino i pronunciamenti di questo o quel Pontefice, da Roncalli a Francesco. Ecco dove volgere i riflettori. I nostalgici non sono più dell’1 per cento, destinati ad assottigliarsi, a svanire, con le loro ossessioni».

È favorevole a un Vaticano III?

«No. Bisogna ancora recepire non poca parte del Vaticano II. Dove si è più in ritardo? La collegialità. Il rapporto chiesa universale-chiese locali. Il ruolo dei laici».

L’ecumenismo. Quali passi è auspicabile che la Chiesa compia per arrivare all’unità delle chiese cristiane?

«Di passi ne ha fatti. E numerosi. L’auspicio è che tutti ne facciano».

Il principale ostacolo all’unità?

«Sicuramente il Primato di Roma. L’interpretazione che Francesco dà del Papato è un sicuro viatico verso l’ecumenismo».

Lei è un cultore di Schelling. Quando le fu conferita una laurea honoris causa, Cacciari evidenziò il suo pensiero: «L’Assoluto nella storia ha il nome di libertà». Quando si è liberi?

«La libertà è il dono della libertà di Dio. Il cristianesimo sospinge, induce a scegliere, non oscilla, non si arena, fra il sì e il no. È una sicura via alla maturità dell’uomo».

«La sfida della misericordia», come si intitola un suo libro per le Edizioni Qiqajon di Bose. Un personaggio di Singer sostiene: «Io credo nella misericordia, non nel rigore della legge».

«Oggi, non da oggi, la Chiesa preferisce la medicina della misericordia all’arma della severità. Lo dichiarò Papa Giovanni XXIII inaugurando il Concilio Vaticano II. Bando ai fondamentalismi e ai legalismi. La verità è, deve essere, dialogante. Imbalsamarla è umiliarla». 

I suoi scrittori tedeschi?

«I miei poeti: da Schiller a Rilke. Rilke: “Noi siamo le api dell’invisibile”. Non scordiamolo».

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