Lotta spirituale, sfida che parte dal cuore

 
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Avvenire, 11 settembre 2009

Questione di cuore, da rimettere al centro dell’attività quotidiana attraverso un la­voro interiore. La lotta spirituale non è solo un problema di chi vive in monastero o è attratto dal rigore della vita monastica. Diventa invece una risorsa per il credente impegnato ad affrontare le sfide concrete di questo tempo, ad esempio sostenendolo nella lotta alla povertà e nella difesa del creato. E l’ascesi della tradizio­ne ortodossa di cui si discute in questi giorni nel monastero di Bose nel diciassettesimo convegno internazionale con tutti i patriarcati della Chie­sa d’Oriente diventa così evento ecumenico.

Insomma, uno dei messaggi che sta prendendo forma dall’incontro dedicato al tema «La lotta spirituale nella tradizione ortodossa» é riscoprire la centralità del messaggio cri­stiano e sintetizzarlo per ri­mettere il cuore al centro dell’attività quotidiana. Lo ribadisce nel suo intervento il trappista francese Andrè Louf, elencando le regole per una ascesi quotidiana con­temporanea.

«Anche se non si pratica al­cuna fatica ascetica – spiega l’anziano monaco dell’ab­bazia di Santa Maria du Mont des Cats ricordando l’insegnamento del padre della Chiesa Isacco il Siro – è sempre possibile raccogliersi all’interno di sé, mantenere un silenzio saggio, ringraziare in mezzo alle prove, avere una buona parola per tutti». Per il monaco il lavorio interno è oggi un antidoto all’esteriorità e un aiuto per chi cerca una virtù tornata d’attualità in tempi di crisi, la sobrietà. «Impedisce infatti – conclude – di cor­rere verso il superfluo. Occorre mirare alla co­noscenza spirituale, più che alla virtù interio­re ». Sottoscrive a distanza l’arcivescovo anglicano di Canterbury Rowan Williams con un messag­gio inviato al Convegno ecumenico. «È difficile per molti riconoscere che acquistare nuova u­manità in Dio, è la fatica di una vita». Così «l’al­ternativa visibile è un’umanità sciatta ed ango­sciata, incapace di guardare dentro di sé alla lu­ce dell’amore e della verità». Anche il vescovo di Biella Gabriele Mana ha e­sortato alla consapevolezza della fatica spiri­tuale, senza la quale «il rischio è ridurre la fede a delle convinzioni mentre essa è soprattutto re- lazione con Dio». L’auspicio di Mana è che la lotta spirituale «aiuti le nostre comunità a cor­rere con slancio verso Dio senza conformarsi al­la mentalità mondana». Tra le diverse comunità ortodosse presenti al convegno, c’è la rappresentanza dell’arcidioce­si italiana, che dipende dal Patriarcato di Co­stantinopoli. Tradizionalmente basata sulle co­munità greche, oggi, grazie all’immigrazione di romeni, moldavi, ucraini, egiziani ed etiopi sta vivendo una fase di grande espansione con al­cune difficoltà pastorali a causa del nazionali­smo, riaffiorato dopo la caduta del Muro. Nu­mericamente è la seconda confessione religio­sa della Penisola. Al convegno la sua «voce» è l’archimandrita Athenagoras Fasiolo.

«Non vi sono differenze – spiega il religioso – tra la Chiesa d’Oriente e quella d’occidente sulla lotta spirituale. Se ci rifacciamo alla patristica, le due tradizioni camminano verso l’unica tra­dizione. Se pensiamo alle problematiche e­spresse dalla patristica, come l’ingordigia, nel­la nostra società è il primo peccato. Non solo di cibo, ma di tutti i doni divini». Su questo c’è u­nità d’intenti. La Cei il primo settembre celebra la giornata della salvaguardia del Creato. E nel­lo stesso mese la Chiesa ortodossa indice una preghiera. «In questo contesto – prosegue Athe­nagoras – la lotta spirituale va praticata non so­lo interiormente, ma a tutto campo, senza e­scludere nulla di quel che ci circonda. Ad e­sempio la difesa dell’ambiente. Una volta pre­gavamo perché il Signore ci proteggesse da ter­remoti, inondazioni e altre manifestazioni na­turali. Oggi dobbiamo pregarlo perché proteg­ga la natura dall’uomo».

PAOLO LAMBRUSCHI