ANDREW LOUTH

LouthAndrew Louth è dal 2003 un presbitero della Diocesi di Sourozh, appartenente al Patriarcato di Mosca, e svolge il ministero parrocchiale a Durham. Ha ricevuto la sua formazione nelle università di Cambridge ed Edimburgo dove ha studiato matematica e teologia preparando una tesi su Karl Barth. Dopo la laurea ha insegnato Teologia Cristiana antica e Patristica presso l’università di Oxford e Storia dell’Alto Medioevo e Bizantina presso il Goldsmiths College dell’università di Londra. Dal 1996 ha insegnato Patristica e Studi bizantini presso la Durham University; attualmente è professore emerito. Ha tenuto corsi di Storia e Teologia della Chiesa, un modulo concernente l’impatto dell’emergere dell’Islam sul mondo cristiano nel Mediterraneo orientale e un modulo relativo alla comprensione di ciò che significa essere uomini nella primitiva teologia cristiana. I suoi interessi di ricerca si concentrano soprattutto sulla storia della teologia nella tradizione greca, specialmente nel periodo bizantino. Ma è anche interessato ai periodi successivi, compreso quello moderno, cioè il diciannovesimo secolo e oltre, dove la sua ricerca comprende la teologia russa e rumena. Un’altra sua area di interesse è la tradizione mistica cristiana. I suoi libri comprendono: Origins of the Christian Mystical Tradition: from Plato to Denys, Discerning the mystery: an essay on the nature of theology, libri su Dionigi l’Areopagita, Massimo il Confessore, e Giovanni Damasceno, e sulla tradizione della spiritualità del deserto nella tradizione cristiana sia orientale che occidentale (The Wilderness of God), Greek East and Latin West: the Church AD 681-1071; Modern Orthodox Thinkers. From Phikokalia to the present (2015). È anche editore della rivista Sobornost, periodico della Fellowship of St Alban and St Sergius, e insieme al prof. Gillian Clark della Bristol University, dirige la prestigiosa collana Oxford Early Christian Studies.


Ricerca della comunione e testimonianza della verità: Massimo il Confessore e papa Martino I

La relazione ricostruisce la vicenda del monaco greco Massimo detto il Confessore e di papa Martino che, restando fedeli ai concili ecumenici, confessarono coraggiosamente la fede a metà del VII secolo opponendosi al monoergismo e al monotelismo, dottrine con cui l’impero, sotto l’incalzare degli avvenimenti politici (invasione e sottomissione delle province orientali da parte dei musulmani) cercava di unificare la cristianità riassorbendo le divisioni provocate dal concilio di Calcedonia (451). Il caso in questione pone un interrogativo: come può esservi conflitto tra le esigenze della comunione e quelle della verità? In realtà la vicenda dei due santi mostra come la ricerca della comunione e la testimonianza della verità appaiono in conflitto se la ricerca della comunione serve altri interessi rispetto a quelli della fede della chiesa: in tali casi il martirio e la confessione di fede, di cui i due santi hanno dato prova, è l’unico modo per custodire e mantenere viva l’autentica comunione nella verità con la chiesa universale.