Trasmissione di vita

Davide Benati,  Grande mattino, 2007
Davide Benati, Grande mattino, 2007

16 aprile 2024

Gv 5,19-30 (Lezionario di Bose)

In quel tempo, 19Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. 20Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. 21Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. 22Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, 23perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
24In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. 25In verità, in verità io vi dico: viene l'ora - ed è questa - in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno. 26Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, 27e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo. 28Non meravigliatevi di questo: viene l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce 29e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. 30Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.


Dopo aver riportato il rifiuto di alcuni giudei della rivelazione che Gesù fa di sé stesso, Giovanni costruisce un racconto che sta all’interno di un preciso intento teologico e pedagogico che l’evangelista persegue e sviluppa attraverso tappe e sviluppi successivi. 

Tale sviluppo prende le mosse proprio dall’intollerabile situazione in cui “Gesù chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio” (Gv 5,18). A partire da qui, Gesù offre una lunga e articolata catechesi teologica sulla sua identità di Figlio di Dio venuto nel mondo per compiere l’opera del Padre (Gv 5,19-47); il suo fine è pedagogico: condurre alla fede, una fede che sa vedere nella “parola” (Gv 5,24.38.47), nella “voce” (Gv 5,25.28.37), nel “volto” (Gv 5,37) e nelle “opere” (Gv 5,20.36) di Gesù di Nazaret la rivelazione di Dio Padre. Solo così l’uomo arriva ad avere la “vita” (Gv 5,21.24.26.39-40).

Nella prima parte di questo lungo discorso che copre tutto il capitolo 5 di Giovanni, il brano che leggiamo oggi, possiamo riconoscere, meditare e cercare di assimilare proprio questa parola chiave su cui è costruito l’intreccio dei fili del discorso: vita. Vita è il cuore pulsante delle parole di Gesù, le attraversa come il magma infuocato, sotterraneo, che affiora poi in precisi luoghi con tutta la sua potenza.

Il primo affiorare della vita è quello presentato nei vv. 19-23: la vita sgorga da una relazione. Non dovrebbe stupirci: è la nostra esperienza umana che ce lo conferma. La vita umana si trasmette solo grazie a relazioni generatrici di fecondità: relazioni biologiche, affettive, sociali, eccetera. La vita passa e si moltiplica solo se si apre alla relazione con altro, con altri e con l’Altro. Un uomo da solo, una donna da sola non può far nulla. Allo stesso modo, “il Figlio da solo non può fare nulla” (cf. v. 19; confermato più avanti da Gesù in prima persona: “Da me, io non posso fare nulla”, v. 30). E addirittura, nemmeno il Padre senza il Figlio può essere pienamente sé stesso: “Il Padre non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio” (v. 22). Dunque, è solo in questa complementarietà tra Padre e Figlio che è possibile la trasmissione della vita, ovvero la possibilità che la fecondità dell’amore divino raggiunga ogni uomo

La relazione d’amore è trasmissione di vita – “Come il Padre ha la vita in sé stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in sé stesso” (v. 26) – e costituisce l’essenza di ciò che Dio è – “Dio è amore”, dirà Giovanni nella sua Prima lettera (1Gv 4,8) –. Ma questa vita pregna d’amore non resta chiusa in una relazione tra Padre e Figlio, bensì genera una vita più forte della morte, di ogni morte: “Il Padre ama il Figlio … Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole” (vv. 20-21).

E da qui siamo naturalmente introdotti al secondo affiorare della vita, quello presentato ai vv. 24-30: la vita sgorga attraverso la fede in una parola udita, ascoltata e creduta. In questi versetti risuona tutta la potenza di una voce d’amore e di una parola di vita che, originate dal Padre, sono trasmesse a noi dal Figlio; trasmissione resa possibile, ancora una volta, soltanto da una relazione di affidamento e di fiducia, ovvero di fede: “Chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato – dice Gesù – ha la vita eterna e … è passato dalla morte alla vita” (v. 24). Promessa di vita che percuote le nostre orecchie chiuse e scuote il nostro cuore indurito…

fratel Matteo