L'epistolario di don Mazzolari e Maria di Campello
Radici di un'amicizia e sua polifonia
L'epistolario, che va dal 1939 al 1959, pur rivelando un incontro di anime suggestivo, travalica le rispettive biografie e in filigrana lascia trasparire più ampi scenari di cammino ecumenico, di rinnovamento monastico e di riscoperta biblica. Fin da quella prima e isolata lettera, scritta da Maria a Mazzolari nel 1925 per chiedergli aiuto (6), è possibile intravedere un vissuto di fede che negli anni successivi, con l'intensificarsi della corrispondenza, permette al lettore di riconoscere una di quelle vivaci microrealtà ecclesiali di base che, insieme ai teorici del movimento ecumenico, biblico e liturgico, prepararono la svolta del Vaticano II sia in questi ambiti, sia nei rapporti Chiesa - mondo.
Nell'anno successivo, il 1926, sorella Maria si era ritirata nell'eremo di Campello sul Clitunno, nei pressi di Spoleto e, nel bel mezzo della campagna umbra, aveva dato vita a una esperienza religiosa di ispirazione francescana e di stile monastico, dedita al lavoro, alla preghiera, all'ospitalità e alla condivisione. A una sorella che le domandava: «Cosa rimarrà di noi?», aveva risposto: «L'eco di un canto di allodola in un cuore che l'ha ascoltato. Un seme è gettato. Non c'è bisogno di noi, né dei nostri scritti. Se il seme è benedetto, darà frutto» (7). In quegli stessi anni don Mazzolari, giovane prete segnato dalla terribile esperienza della prima guerra mondiale vissuta in prima linea come cappellano militare ' iniziava la sua attività pastorale tra la gente di Bozzolo, il paese in provincia di Mantova dove era appena stato mandato. Alla richiesta di sorella Maria aveva risposto dopo due mesi, scusandosi per il ritardo e dicendo che al momento non sapeva chi mandarle, ma aggiungendo: «Se il Signore vorrà... Non è vero che dobbiamo dire così e che è bello poter dire così? Se il Signore vorrà!» (p. 85).
Da quel primo, fugace contatto passarono ben 14 anni, sicché il vero carteggio inizia soltanto nel marzo del 1939, quando sorella Maria, saputo che don Primo era a Firenze per una delle sue predicazioni, gli scriverà chiedendogli di vederlo. Indimenticabile incontro e colloquio «intenso e affettuoso» (p. 39): unico ricordo affidato alla vista per entrambi, da cui sboccerà un'amicizia epistolare così intensa e profonda da non conoscere limiti o interruzioni. La piccola comunità di Campello intanto era cresciuta, e al suo interno fioriva lo spirito ecumenico e il dialogo con «lontani e modernisti», piuttosto raro nella temperie ufficiale cattolica del tempo 8 Tant'è vero che, all'epoca, sorella Maria dovette affrontare l'opposizione della gerarchia ecclesiastica locale per la sua amicizia con Ernesto Buonaiuti prete romano e storico del cristianesimo, scomunicato nel 1926 , e perché ospitava due sorelle non cattoliche.
Per questo lei si era rivolta a don Luigi Orione prima e a don Mazzolari poi, oltre che ai numerosi amici di culture e confessioni diverse sparsi per l'Italia e il mondo. Dalla silenziosa campagna umbra, sorella Maria diffondeva attraverso una fitta corrispondenza le idealità evangeliche, l'amore per la contemplazione, l'umiltà francescana, l'attitudine interiore alla libertà cristiana, e anche il profondo rispetto verso la Gerarchia, scrivendo alle più disparate personalità: dalle promotrici della cultura e della dignità femminile come Antonietta Giacome]Ii e Adelaide Coari, allo storico e filosofo delle religioni Friedrich Heiler, dal sindaco di Firenze Giorgio La Pira al biblista perugino Umberto Fracassini, dal teologo domenicano Yves Congar allo storico del movimento francescano Paul Sabatier, dal pastore valdese Giovanni Luzzi del quale all'eremo si utilizzerà la traduzione della Bibbia «interconfessionale» al teologo luterano, musicista e medico missionario Albert Schweitzer. Notevole è anche il carteggio col Mahatma Gandhi, al quale in una delle tante lettere dirà: «Io sono riconoscente e in venerazione per la Chiesa della mia nascita e della mia famiglia, ma la Chiesa del mio cuore è l'invisibile chiesa che sale alle stelle. Che non è divisa da diversità di culti, ma è formata da tutti i cercatori della verità» (p. 29 s) (9).
E significativo anche ricordare che importanti realtà comunitane future trovarono nell'eremo di Campello ispirazione e confronto. Così fu per l'eremo di San Pietro alle Stinche, di padre Giovanni Vannucci, che si riconosceva «figlio spirituale di Maria» (p. 16); per l'eremo della Trasfigurazione di Collepino, fondato da suor Maria dell'Eucaristia (10); nato dalla consapevolezza di un necessario mix tra contemplazione e ascolto dei problemi di uomini e donne viventi nel mondo e anche la comunità monastica di Bose riconosce la visione e gli insegnamenti di sorella Maria come «parte della propria eredità» (11)
Non da meno fu don Mazzolari che, negli anni Trenta, iniziò a tenere conferenze e a pubblicare articoli e libri nei quali tentava di superare l'idea di Chiesa «società perfetta» e cercava di riscoprirne le dimensioni mistiche anche riconoscendo onestamente le debolezze e inadempienze della comunità ecclesiale , per ricostruirla su più salde basi e farne una comunità che fosse accogliente per tutti: lontani e fratelli separati che fossero (12). Come voleva sorella Maria: entrambi infatti ritenevano che non solo fosse necessario utilizzare il messaggio evangelico per raggiungere i «lontani» che rifiutavano la fede magari proprio a causa dei peccati dei cristiani ' ma che si poneva l'obbligo di intervenire nella società italiana per rifondarla completamente sul piano morale e culturale, offrendo maggiore spazio alla giustizia, alla solidarietà con i poveri, alla fratellanza e «all'accoglienza dell'amico o contrario» (p. 39).