Warning: getimagesize(images/stories/Qiqajon/recensioni/Ineffabile_fraternita.jpg): failed to open stream: No such file or directory in /home/monast59/public_html/plugins/content/multithumb/multithumb.php on line 1563

Warning: getimagesize(images/stories/Qiqajon/recensioni/Ineffabile_fraternita.jpg): failed to open stream: No such file or directory in /home/monast59/public_html/plugins/content/multithumb/multithumb.php on line 1563

L'epistolario di don Mazzolari e Maria di Campello

Verso un cristianesimo di «più largo respiro»

Dopo l'unico incontro del 1939, quelle due anime tanto affini eppure diverse continuarono il racconto delle loro esistenze attraverso contatti unicamente epistolari: 149 lettere di sorella Maria e 90 di don Mazzolari. «Tra noi non c'è bisogno di lunghi discorsi: anche se non ci è data la gioia di vederci, la certezza di essere nella stessa speranza è il nostro grande sostegno. Cosa mi possono togliere gli uomini se il Signore mi tiene il cuore fisso verso la verità? Aiutatemi a testimoniare senza debolezza e senza angustia...

Viene l'ora... Sto tanto male e... tanto bene. Voi mi capite, come mi capiscono tutte le Vostre figliuole, alle quali mando ogni giorno dall'Altare la mia povera Benedizione» (p. 109), scriveva lui durante i primi anni della seconda guerra mondiale, e Maria gli rispondeva descrivendogli le varie sorelle, i non conviventi e proponendogli di far parte del gruppo di questi ultimi (13). E concludeva: «Mangeremo pur sempre ormai, e più e più, il pane del dolore, con tutti i nostri fratelli, né altro pane vorremmo; solo osiamo chiedere al Regolatore del tempo e delle vicende umane quell'attimo di respiro, che ci consente la comunione fraterna con i lontani. [...] Sentitemi vicina, poiché in verità lo sono, e accendo la mia piccola lucerna alla Vostra fede» (p. 114 s).

Nel 1942 Maria gli faceva avere copia della lettera mandata a Pio XII, il 21 giugno 1942, dove confidava al Papa il suo «bisogno di un più largo respiro» all'interno della Chiesa (p. 61). «Sono una vecchia eremita. Vivo con alcune compagne in un antico eremo francescano nel cuore dell'Umbria. [...] Per me la fraternità riverente verso i fratelli separati, verso ogni esperienza religiosa sincera, se pur diversa dalla nostra, è mandato inflessibile ed è anche luce sul cammino», spiegava al Pontefice e, dopo aver riferito che l'Arcivescovo di Spoleto «non ha mai permesso che si celebrasse la messa quassù a causa dell'amicizia con Buonaiuti», gli chiariva il perché non poteva rompere i contatti con lui: «So benissimo che la scomunica vieta i rapporti con uno scomunicato. [...] Ma io ho la più grave delle ragioni: quella di un'amicizia indefettibile e che oso chiamare santa, come se in questo attimo dovessi rendere conto della mia coscienza a Dio» (p. 146). Mazzolari, colpito da quelle parole, ma non facendosi illusioni sulla «larghezza spirituale in certi ambienti», le rispondeva: «E l'ora della fedeltà, consumata, però in un'oblazione monda e sincera. In alto, tra gli uomini, possono anche non tenerne conto e giudicarla diversamente: più in alto, viene raccolta e messa in conto d'espiazione e di testimonianza per un domani pauroso già alle porte» (p. 152).

II parroco di Bozzolo, che fin dall'avvento del fascismo era stato contrario al regime, presagiva con quel «domani pauroso» quanto sarebbe accaduto. Infatti con l'armistizio del 1943 la situazione precipita e don Primo entra nella Resistenza, finendo tra «i nemici del regime». Arrestato nel luglio 1944, fu liberato poco dopo ma, stante l'ordine delle autorità nazifasciste di «restare a disposizione», passò alla clandestinità e dal suo rifugio scriveva a Maria: «Le altre tappe saranno secondo i voleri di Dio. Non mi rifiuto di soffrire, quando il soffrire è l'unico pane che tutti abbiamo in abbondanza. Non so quando potrò tornare. Ovunque è Chiesa e l'altare lo portiamo con noi. Questo non mi impedisce di ascoltare lo schianto che ho dentro» (p. 171). E lei, sempre pronta a consolare, rispondeva: «Possiate avere ciò che può alimentare il vostro spirito, la vostra sensibilità patetica e squisita. Un raggio di consolazione interiore. Il saluto d'una foglia d'autunno, d'una stella, d'un Innocente. La benedizione di chi soffre e di chi muore» (p. 183).