L'epistolario di don Mazzolari e Maria di Campello
Alterne vicende e conclusione
Attraverso le splendide lettere che la Minore e fratello Ignazio si scambiarono, è possibile rivivere, dopo il buio e le angosce della guerra, il miracolo della ricostruzione, con tutte le speranze anche quella di poter dialogare sinceramente con i comunisti e le delusioni per una serie di vicende sociopolitiche che impedivano di realizzare la «novità cristiana» (14), anche per colpa del «mondo cattolico, della sua "ufficialità", del "fasto", delle durezze che oscurano il volto di Cristo e del suo Vangelo» (p. 56). Nel 1949, come si è detto, Mazzolari fondava pure il quindicinale. Adesso, sempre con l'intento di offrire un contributo veramente cristiano al dibattito politico, religioso e culturale in atto nella società italiana del tempo e, attraverso quelle pagine, continuò a sostenere il rifiuto di ogni guerra, l'imperativo della pace e la necessità della nonviolenza. Sorella Maria, immediatamente fattasi attenta lettrice della rivista, condivideva con lui pensieri, difficoltà e incomprensioni, seguendo il confronto tra cristianesimo e comunismo, che don Primo sosteneva in quelle pagine , senza però entrare nel merito della questione.
«La fede è sostanza di cose sperate: è certezza, è comunione, che in un certo senso anticipa il possesso delle cose sperate che adesso non appaiono. Più che un momento conoscitivo è un momento mistico, cioè il congiungimento misterioso e ineffabile, ma reale, della mia povera vita con la vita infinita di Dio» (p. 60), scriveva don Primo in quegli anni (16), e lei, che amava definirsi «panica» cioè «trasfusa nelle creature, nel tutto» e desiderosa «di apprendere da ogni realtà esistente» (p. 48) gli raccontava così il suo pancristianesimo: «Considero che le diverse Chiese Cristiane o i membri coscienti di queste chiese sono chiamati a dare un loro contributo allo spirito ecumenico, gettando sale nelle acque malsane e insipide della nostra Cattolicità romana» (p. 264) (17)
Intanto però, era proprio il carattere innovativo e coraggioso di Adesso a provocare l'intervento della Santa Sede e così, se nel febbraio del 1951 il periodico fu costretto a cessare le pubblicazioni, in luglio arrivarono altre misure personali contro don Mazzolari: la proibizione di predicare fuori diocesi senza il consenso dei vescovi interessati e il divieto di pubblicare articoli senza preventiva revisione ecclesiastica. Il parroco di Bozzolo, addolorato, scriveva alla Minore: «Precedo l'ultimo Adesso di qualche giorno, per dirVi che tutto è come Dio vuole e che sono in pace, anzi nella gioia. [...] Non mi preoccupo del domani. Mi verrà detto a suo tempo da Chi solo può, come dovrò lavorare per Lui, se potrò ancora lavorare. Ma adorare, tacere, soffrire (18), si può sempre, se Lui ci dà mano» (p. 261). E lei, come sempre trovando una parola di conforto, gli scriveva: «Abbiamo ricevuto il colpo di grazia. E dovremo preparaci a nascere di nuovo», quasi a presagire la riapertura del periodico, che avvenne nel novembre di quello stesso anno, benché senza la sua direzione (19).
Nell'epistolario, che in filigrana rivela le tappe principali della vicenda umana e spirituale di don Mazzolari (20), notevoli sono le confidenze riguardanti il travaglio con la gerarchia ecclesiastica nel 1954 da Roma gli ingiunsero di predicare soltanto nella sua parrocchia e gli fu vietato di scrivere articoli su materie sociali , ma si rivive anche il clima di nascosto fervore e di grande attesa che sfocerà nel pontificato di Giovanni XXIII (21) e nella primavera del Concilio Vaticano II. Come scrive Mariangela Maraviglia: «Riscoperta della Bibbia, aspirazioni ecumeniche, rinnovamento liturgico, dialogo interreligioso, impegno per la giustizia, povertà della Chiesa, ricerca della pace: quasi tutti i concetti chiave di un ideale lessico ecclesiale che dagli anni precedenti al Concilio Vaticano II giunge fino a noi, sono rintracciabili in queste pagine, o nelle vicende che in queste pagine rivivono» (p. 73).
Sorella Maria, che ascoltava e ben comprendeva le gioie e le sofferenze di Mazzolari, era per lui una voce capace di trasmettere, attraverso semplici racconti di vita e di preghiera, quel respiro di eterno presente nell'eremo e nel suo cuore. Il loro scambio epistolare si interromperà soltanto pochi giorni prima della morte di lui (12 aprile 1959), lasciando cogliere ancor oggi, scorrendo quel carteggio un raro incrocio di vite, una felice contaminazione di anime, un dialogo aperto e sincero pur nella diversità, e uno stile cristiano in grado di coniugare la fedeltà al Vangelo e alla Chiesa con la dignità della coscienza in una comunione che, toccando picchi altissimi di spiritualità, è riuscita ad arrivare «oltre ogni parola scritta e parlata» (p. 62).
PIERSANDRO VANZAN S.J.
© La Civiltà Cattolica 2008 III 271-279 quaderno 3795-3796