Povertà


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Al tempo stesso, accanto a questa povertà negativa e multiforme, che abbraccia i mali, le malattie, i peccati, la morte, cioè tutte le realtà che feriscono la pienezza di vita dell’uomo, e da cui l’uomo dev’essere liberato, il Cristo pone l’istanza di una povertà interiore, la povertà in spirito (Matteo 5,3), che riguarda l’essere non l’avere. È l’attitudine di fede e di umiltà di chi non confida in sé, nei propri beni o nella propria forza, me nel Signore. Il primato del Regno relativizza drasticamente le ricchezze: Gesù mette in guardia da esse, perché possono prendere possesso del cuore ed ergersi a idolo («Mammona»), arrivando così a sostituirsi a Dio e a disumanizzare l’uomo. Del resto, già Aristotele aveva proclamato «contro natura» l’atteggiamento di chi cerca la felicità accumulando ricchezze: queste infatti, possono essere solo un mezzo, non un fine. Vi è infatti una dimensione antropologica della povertà, assolutamente da assumersi per obbedire alla propria chiamata creazionale, per divenire ciò che si è. La feroce critica alla ricchezza e l’invettiva contro i ricchi presente nella lettera di Giacomo non esauriscono certo il messaggio neotestamentario su povertà e ricchezza, ma significano un atteggiamento profetico e critico che la chiesa deve mantenere desto nella storia, a costo di scontrarsi con i poteri mondani costituiti.