Fedeltà nel tempo


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 La fede esce dall’astrattezza quando non si limita a informare una stagione o un’ora della vita dell’uomo, ma plasma l’arco della sua intera esistenza, fino alla morte. In questa impresa il cristiano sa che la sua fedeltà è sostenuta dalla fedeltà di Dio all’alleanza, che nella storia di salvezza si è configurata come fedeltà all’infedele, come perdono, come assunzione della situazione di peccato, di miseria e di morte dell’uomo nell’incarnazione e nell’evento pasquale.La fedeltà di Dio verso l’uomo è cioè diventata responsabilità illimitata nei confronti dell’uomo stesso. E questo indica che le dimensione della fedeltà e della perseveranza pongono all’uomo la questione ancor più radicale della responsabilità. L’irresponsabile, così come il narcisista, non sarà mai fedele. Anche perché la fedeltà è sempre fedeltà a un “tu”, a una persona amata o a una causa amata come un “tu”: non ogni fedeltà è pertanto autentica! Anche il rancore, a suo modo, è una forma di fedeltà, ma nello spazio dell’odio. La fedeltà di cui parliamo avviene nell’amore, si accompagna alla gratitudine, comporta la capacità di resistere nelle contraddizioni. V. Jankélévitch definisce la fedeltà come “la volontà di non cedere all’inclinazione apostatica”. Essa è pertanto un’attiva lotta la cui arena è il cuore umano. E’ nel cuore che si gioca la fedeltà!