Nei giorni dell’insperata e straordinaria visita a Bose di Sua Santità Bartholomeos I, Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca Ecumenico, avvenuta il 18 e 19 maggio 1997, il fondatore e priore della comunità, fr. Enzo Bianchi, non cessava di ripetere ai propri fratelli e alle proprie sorelle le parole del Signore: “Non temere, piccolo gregge, perché è piaciuto al Padre vostro darvi il suo regno” (Lc 12,32). Perché ripetere queste parole, che nel loro contesto originario sono manifestamente di consolazione, in un momento di grande gioia?
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Fratello, sorella, tu sei stato chiamato a seguire Cristo nella vita comune e nel celibato.
Quando rispondi a questo appello, non intraprendi una nuova maniera di vivere l’Evangelo. E di questo devi avere coscienza, per sentire che non sei solo nel cammino storico dei credenti. Prima di te sulla stessa strada e vocazione, realizzata nel modo conveniente al loro tempo, hanno camminato Elia e Giovanni il Precursore, Pacomio e Maria, Basilio e Macrina, Benedetto e Scolastica, Francesco e Chiara, e tanti altri. Vedi dunque che non sei solo, ma avvolto da una grande nube di testimoni.
(Regola di Bose 7-8)
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...riceverai tutti con onore, con semplicità, ma anche con delicatezza...
Fratello, sorella, pratica l’ospitalità sapendo che è Dio che viene a te da pellegrino. Ogni ospite che giunge in comunità sarà dunque accolto da te come Cristo in persona. Riceverai tutti con onore, con semplicità, ma anche con delicatezza, e cercherai di credere che in loro è presente Cristo.
L’ospitalità non è un servizio accidentale: è un ministero che eserciti in nome di Cristo al mondo.
(Regola di Bose 38.40)
L’ospitalità è un ministero che il celibato consente di praticare in modo particolarmente intenso. Se vari sono i motivi che spingono molti ospiti a soggiornare nella comunità di Bose (ormai si registrano più di quindicimila passaggi all’anno), credenti ma anche non credenti, uomini di chiesa e gente ai margini sia della società che della stessa chiesa, unico è l’atteggiamento con cui si cerca di accoglierli: “ogni ospite sarà accolto da te come Cristo in persona”.
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Fratello, sorella, se sei venuto in comunità non è per te stesso ma per i fratelli, uomini e cristiani. La missione è una funzione di tutta la chiesa, che tu realizzi nelle relazioni con quelli che non confessano Cristo a loro salvezza. La comunità non è fine a se stessa: essa è stata inviata al mondo per annunciare la buona notizia. Il senso della missione deve perciò pervaderla. Per attuare tale missione, la comunità può decidere la creazione di fraternità. Come i discepoli di Cristo inviati a due a due, i fratelli in missione e fraternità sono un segno dell’annuncio del Cristo presente. Fratello, sorella, tu provieni da una chiesa cristiana. Non sei entrato in comunità per rifare una chiesa che ti soddisfi, a tua propria misura; tu appartieni a Cristo attraverso la chiesa che ti ha generato a lui con il battesimo. Riconoscerai perciò i suoi pastori, riconoscerai i suoi ministeri nella loro diversità, e cercherai di essere sempre segno di unità. Guardati dal criticare meschinamente e con amarezza, senza amore, la chiesa. Più volte sarai tentato di farlo. Ma guarda prima la vita della comunità. Non scopri in essa tante deficienze come nella chiesa?
(Regola di Bose 41-43.45)
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