La chiesa ortodossa ritiene di essere fedele alla tradizione apostolica e patristica. Essa situa se stessa nella continuità ininterrotta della chiesa primitiva, essa perciò non manca di ricordare continuamente di aver preservato inalterata e senza cambiamenti, sia nella lettera che nello spirito, la tradizione ereditata dai sette concili ecumenici del primo millennio e dai padri della chiesa indivisa …
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Chi chiede perdono, e perché? A chi spetta concederlo? Per un cristiano, la richiesta di perdono per colpe commesse dai suoi “padri” non è frutto di una “strategia”, non è un’arma da usare per ottenere altrettanto dall’avversario, non è una sorta di “patteggiamento di pena”, ma è l’espressione di una consapevolezza, di una convinzione profonda che, illuminata dalla parola di Dio, porta a esclamare: “Anch’io e la casa di mio padre abbiamo peccato” (Ne 1,6), nasce da una convinta solidarietà con le generazioni che lo hanno preceduto nella fede e nella testimonianza cristiana. Nessun calcolo, quindi, nessun soppesare l’efficacia di una dichiarazione, nessuna pretesa di contraccambio, ma il dar voce a un cuore contrito, il sentirsi parte di una comunione di santi e di peccatori.
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Se nella Bibbia la luce è legata al genere letterario del racconto, lo è altresì a quello della poesia. Vi è infatti qualcosa del mistero della luce, e soprattutto del mistero biblico della luce, che può dirsi solo poeticamente. La potenza della poesia è tale che, nello spazio e nel reticolo di qualche parola, un mondo si dischiude sotto i nostri occhi. Così il versetto 10 del salmo 36: “È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce”. Così Dio è la vita sotto la vita, l’acqua viva sotto la vita. O meglio, come si aggiunge nella seconda parte del versetto, è la luce della luce. Vedere la luce creata significa partecipare al dono di un Creatore che è lui stesso luce. Solo la poesia può osare una tale scorciatoia espressiva. Noi ci troviamo fra luce e luce, noi che “vediamo.
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