Comunità come luogo di rivelazione dei limiti personali

Quando chi ha conosciuto l’isolamento di una grande città, o un mondo di aggressione e di rifiuto, entra in comunità, trova un calore e un amore molto vivificanti. Inizia a togliersi la maschera, a lasciar cadere le sue barriere e a diventare più vulnerabile. Vive un tempo di comunione e di gioia profonda.
Ma togliendosi la maschera e diventando vulnerabile, scopre anche che la comunità è un luogo terribile perché è un luogo di relazioni, perché rivela la nostra affettività ferita e rivela quanto può essere difficile vivere con altri, specialmente con certe persone. È molto più facile vivere con libri, oggetti, con la televisione, la musica ... è tanto più facile vivere da soli e stare con gli altri quando se ne ha voglia.
Quando si è in relazione sempre con le stesse persone, quando ormai ci si conosce, emergono tutte le gelosie, la paura degli altri, il bisogno di dominare, di scappare o di nascondersi che abbiamo vissuto nella nostra infanzia. Tanta miserie che abbiamo dentro di noi e di cui non sempre siamo coscienti sembrano risalire alla superficie della nostra coscienza. Si è angosciati dalla vicinanza di certe persone che si aggrappano a noi, che ci chiedono troppo oppure la cui presenza ci ricorda i nostri genitori.
La comunità è il luogo nel quale sono rivelati i limiti, le paure e l’egoismo di una persona. Si scopre la propria povertà e le proprie debolezze, l’incapacità ad intendersi con alcuni, i propri blocchi, la propria affettività turbata, i desideri che sembrano insaziabili, le frustrazioni e le gelosie, gli odi e la voglia di distruggere. Finché si era soli si poteva credere di amare tutti e di andare d’accordo con tutti.

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