Gesù, un’esistenza plasmata dall’amore

Abbiamo dentro di noi un’aspirazione senza la quale veramente tutta la storia sarebbe già chiusa, l’aspirazione a una forma di esistenza che sia proprio quella in cui l’amore è l’unica legge. Non c’è uomo perverso, posto che si possano usare questi termini, che non abbia in un angolo di sé il sogno di una vita in cui l’unica legge sia l’amore. Nella figura di Gesù noi abbiamo la rappresentazione reale – sia pure filtrata attraverso le testimonianze codificate dei vangeli – di questo modello di esistenza verso cui il fondo della nostra coscienza va come una pietra verso il dentro di gravitazione. Come Giusepe d’Arimatea era “uno che aspettava il regno”, così noi tutti aspettiamo questo regno. C’è in noi questa attesa. Certo, siamo dei disgraziati! Lo attendiamo in questi anni perfino all’ombra dei missili! Forse non ci arriveremo mai, forse fra qualche anno sulla terra ci sarà un palmo di cenere in più e tutto sarà finito. Però esso è possibile. E allora la mai fede è aperta a questa possibilità. Io credo in questo e dico, vedendo consumarsi la vita di Gesù, dell’uomo giusto crocifisso fra due delinquenti,: “costui è veramente il figlio di Dio “ (Marco 14,39). Più che se dicesse ai venti: “fermatevi!” e dicesse ai tumulti delle acque: “placatevi!”, questo è il miracolo dei miracoli, è l’eterno miracolo morale. Il fatto che un’esistenza possa essere plasmata solo dall’amore è un miracolo. Del resto, se vi succede di trovare qualche persona in cui questo avviene anche appena in mood incipiente, voi dite: “ma questo è un miracolo!”. Il miracolo che aspettiamo tutti è il mondo spoglio di violenza, è il mondo animato dall’amore. Lo chiamiamo col nome biblico? Chiamiamolo regno di Dio (E. Balducci, Il Vangelo della pace, Borla, Roma 1987, pp. 118-119).