Non so che cosa confessare
Succede di frequente che qualcuno vada a confessarsi dicendo: "Non so che cosa confessare, è sempre la stessa cosa". Queste parole denotano una colpevole carenza di attenzione nei confronti della vita. Alla sera di una qualunque giornata, c'è qualcuno di noi che può davvero dire di aver compiuto tutto quello che era possibile, di aver attivato tutte le sue capacità, di aver avuto pensieri e sentimenti di purezza irreprensibile, di non aver trascurato nessuna attività che poteva e doveva compiere, e che neanche una delle sue azioni sia stata toccata dall'imperfezione? Chi può dire che i suoi pensieri non sono stati confusi, che il suo cuore non si è offuscato, che la sua volontà non ha vacillato, che il suo comportamento e i suoi desideri non sono stati toccati dall'indegnità?
Se qualcuno viene a confessarsi dicendo: "Non so cosa dire", questo significa che egli non ha mai riflettuto a quello che potrebbe - e di conseguenza dovrebbe - essere, e che si accontenta di confrontarsi con ciò che era il giorno prima, o con altre persone malvagie quanto lui.
E quando diciamo che anno dopo anno veniamo a ripetere sempre le stesse cose, questo prova che non abbiamo mai provato né vergogna né dolore, e accettiamo con una perfetta indifferenza la nostra condizione di peccatori. "Effettivamente io mento, ma tutti mentono! Sono causa di scandalo, ma tutti sono causa di scandalo! Dimentico Dio, ma come faccio a ricordarmi di lui? Davanti a quelli che hanno bisogno di me passo oltre: ma andiamo, non ci si può fermare davanti a ognuno!". E via di seguito... Se potessimo anche solo una volta vedere - come Dio le vede - le conseguenze dei nostri atti o della nostra inazione! Se solo potessimo vedere quali conseguenze possono generare nella vita altrui una parola detta o non detta, l'esecuzione o la non esecuzione di un atto, vedere fino a che punto una parola può rivelarsi decisiva nel destino di un uomo, o un servizio reso prontamente in quello di un altro!
Ma se diamo prova di una tale indifferenza verso noi stessi, è evidente che daremo prova di un'indifferenza ancor maggiore verso gli altri; ciò che avviene loro ci lascia completamente estranei. Ecco perché veniamo a confessare sempre le stesse identiche cose, perché non ci siamo accorti neanche una volta che esse ci rendono mostruosi, che noi cessiamo di essere a immagine di Dio, quell'immagine che è inscritta nelle profondità del nostro essere. L'immagine ci è stata in qualche modo affidata, e di volta in volta la distruggiamo, la oscuriamo, la profaniamo, sia con la nostra negligenza, sia per qualche accesso di cattiveria, e non si tratta assolutamente di una cattiveria passionale, ma di una cattiveria mediocre, insignificante.
A. Bloom, {link_prodotto:id=338}, Qiqajon, Bose 2002