Tra isolamento e solidarietà Gesù, nella sua vita e nel suo ministero, ha incontrato un notevole numero di persone segnate dal male che devasta il corpo e la mente, li ha curati e alcuni li ha guariti. Questo massiccio incontro con malati è stato per Gesù una bibbia di umanità, una scuola di compassione, un luogo che ha plasmato la sua umanità. “Curare” significa servire e onorare una persona...
Continua la lettura
Gesù si toglie la veste. Togliendosi la veste Gesù si pone al di fuori di ogni funzione e di ogni stato sociale. Possiede certamente un’autorità e un potere, ma vuole manifestarsi ai discepoli come persona, e soltanto come persona, senza rango sociale, senza funzione determinata...
Continua la lettura
Il gesto di Gesù che lava i piedi ai discepoli svolge nel quarto vangelo un ruolo simile a quello dell’eucaristia nei sinottici: rivelare il senso della passione imminente e tracciare la strada della chiesa nel mondo ... Si noti in queste righe la presenza di un duplice contrasto: il contrasto tra il tradimento di Giuda e l’intensità e la fedeltà dell’amore di Cristo che giunge sino alla morte...
Continua la lettura
Gesù ci rivela un’unità grande tra la contemplazione di Dio e la relazione personale con quelli che sono feriti e rifiutati. È forse il grande segreto di Gesù: chiamare i suoi discepoli non soltanto a servire i poveri, ma scoprirlo realmente presente in loro e, attraverso di loro, a incontrare il Padre. Gesù ci dice di essere nascosto nel povero; di essere lui il povero. Ecco perché, con la potenza del suo Spirito, il più piccolo gesto d’amore verso la persona più povera umanamente o materialmente è un gesto di amore verso di lui. Gesù è colui che ha fame e sete, colui che è prigioniero, straniero, nudo, senza rifugio, malato, morente, oppresso, umiliato. Vivere con il povero è vivere con Gesù; vivere con Gesù è vivere con il povero. “Chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato” (Luca 9,48). Quelli che vivono con Gesù nei poveri, perciò, non sono chiamati soltanto a fare delle cose per loro, né a guardarli come oggetti della loro carità, ma piuttosto come fonti di vita e di comunione. Il loro scopo non è solamente quello di liberare i poveri, ma anche quello di essere liberati da loro; non soltanto di guarire le loro ferite, ma anche di essere guariti da loro; non solo di evangelizzarli, ma anche di essere evangelizzato da loro. Quelli che si avvicinano al povero, al piccolo, al bisognoso inizialmente lo fanno per un desiderio di generosità, per aiutarlo e soccorrerlo; si credono dei salvatori e spesso si mettono su un piedistallo. Ma toccando il povero, raggiungendolo, stabilendo con lui una relazione d’amore, di amicizia, si svela il mistero. Nel cuore dell’insicurezza del povero c’è una presenza di Gesù ... I poveri ci evangelizzano. All’Arca (la comunità di Jean Vanier) gli assistenti scoprono che sono chiamati ad annunciare la buona novella ai poveri e a rivelare loro l’amore immenso che Dio ha per loro. Aiutano veramente un certo numero di persone a varcare la soglia di una vita di fede. Ma una volta varcata la soglia, sono le persone portatrici di handicap che portano più avanti nella fede gli assistenti: esse diventano i nostri maestri (Jean Vanier, La comunità: luogo del perdono e della festa, Jaca Book, Milano 2000, pp. 115-116).