L’evangelo è dissacrante

Secolarizzazione significa che l’uomo può fare a meno dell’ipotesi Dio per comprendere il mondo, organizzarlo e trasformarlo. Significa inoltre che ormai il campo della religione si restringe e la religione viene confinata nel privato. Oggi l’appartenenza religiosa non è più un fattore d’integrazione sociale (cinquant’anni fa la persona che non si vedeva mai in chiesa veniva segnata a dito). Oggi aderire a una fede, a un sistema di credenze, è una libera opzione. È evidente, ne guadagna la qualità della fede, ma al tempo stesso diminuiscono inevitabilmente il numero dei fedeli; ed è evidente anche - sebbene in questo campo non si debba mai lasciarsi impressionare dal numero - che ne risulta indebolito il vigore apostolico della fede. Infine, secolarizzazione significa che ormai anche una società pluriconfessionale è possibile. Non senza resistenze, d’altronde. Si pensi al fatto che si è dovuto attendere il concilio Vaticano II perché venisse affermato pubblicamente e solennemente il valore assoluto della coscienza in materia di libertà religiosa. Di fatto nella società dove oggi il cristiano vive circola tutto un miscuglio di credenze con cui egli non può evitare di scontrarsi o di subirne il fascino. È necessario al credente aprirsi una strada senza rinchiudersi sulla propria fede tenendosi sulle difensive, ma anche senza ricercare una pseudo-comunione nell’annullamento delle differenze. I rischi e le opportunità di questo movimento di secolarizzazione sono stati esposti molto bene da Henri de Lubac: “Diventando sempre più profane, le nostre civiltà ci espongono al rischio di perdere Dio.