Lettera agli amici - numero 18 - Lasciamo agire il silenzio

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Pasqua 1987

La lettera della Domenica delle Palme del 1987 invitava ed esprimeva un desiderio di silenzio “per la vita fraterna ecclesiale e comunitaria”, pur non tacendo le tentazioni mondane nella chiesa che si traducono in competizione e ambizioni di una “nuova presenza strategica” nella città terrena e un “nuovo confessionalismo” nei rapporti tra le chiese. La lettera fa anche riferimento alla distonia tra opinioni critiche espresse in privato e “proclami pubblici pieni di deferenza e di omaggi” – un aspetto della de-istituzionalizzazione del cattolicesimo e del passaggio a forme movimentistiche di presenza dei cattolici nella società.

Il contesto ecclesiale vedeva il prosieguo dell’applicazione delle norme del nuovo Concordato in vari ambiti di presenza istituzionale della chiesa cattolica in Italia, a cui si accompagna una stagione di scandali che coinvolgono anche la Santa Sede. Nel febbraio 1987 era stato spiccato un mandato di cattura per concorso in bancarotta fraudolenta contro monsignor Paul Marcinkus, presidente dell’istituto finanziario vaticano IOR dal 1971 al 1989, nell’ambito delle indagini sul crack del Banco Ambrosiano. Un mese dopo la “Lettera agli amici”, il 9 maggio 1987 la presidenza della Conferenza episcopale italiana pubblicava una “Nota”, intitolata Momento attuale della vita del Paese, che veniva interpretata da molti come un invito a votare Democrazia Cristiana, allora guidata da Ciriaco De Mita, al governo insieme al Partito socialista di Bettino Craxi.

Nel contesto ecclesiale internazionale, invece, si celebrava, nella medesima data della “Lettera agli amici”, la prima “Giornata mondiale della gioventù” lontano da Roma (1985), questa volta a Buenos Aires in Argentina (11-12 aprile 1987).


Cari amici, ospiti e voi che ci accompagnate da lontano, ormai l'inverno sta passando, i fiori sono apparsi nei prati, la tortora e il fagiano fanno sentire il canto nei nostri boschi e il fico mette fuori i primi germogli. Il mutamento delle stagioni è come una promessa: dopo questo lungo e freddo inverno davvero eccezionale a Bose (il bosco è quasi distrutto perché i rami degli alberi che si riposavano si sono spezzati sotto il peso della neve ghiacciata), arriva ormai la primavera. Per gli alberi, per gli uccellini, per le erbe l'inverno sta ormai finendo, per la chiesa no. Ma non per questo vogliamo perdere la speranza, net consentire a una mancanza di attesa, ma aspettare in silenzio la salvezza che viene dal Signore perché sta scritto: "Nella conversione e nella quiete sta la vostra salvezza, nel silenzio e nella speranza sta la vostra forza" (Is 30.15 Vulg).

Nei decenni passati abbiamo conosciuto la contestazione, poi la conflittualità tra diverse componenti ecclesiali, ma noi crediamo che è venuto il tempo di lasciare agire il silenzio, dunque di fare silenzio.

Si tratta non di trovare una nuova presenza strategica, ma di recuperare una dimensione ecclesiale dell'uomo, della vita comunitaria, della vita ecclesiale: il silenzio come pratica della verità, il silenzio dove la verità viene fecondata e si fortifica, il silenzio come linguaggio della carità.

Noi abbiamo l'impressione che ormai nella chiesa, la chiesa tutta, si è imboccata la strada che acconsente. alla tentazione del vincere e che ormai la stessa conflittualità dunque, anziché risolversi in comunione, abbia scelto di mutarsi in competitività ... Il mondo è diventato di nuovo lo spazio della conquista, il campo sul quale porre una presenza efficientistica e forte, la società civile il luogo in cui i cristiani vogliono esperimentare con maggiore o minore arroganza, cosciente o non cosciente, il loro saper comandare nella città terrena.

Così la lotta contro la mondanità, essenziale elemento della sequela cristiana, è diventata lotta per vincere su chi non è cristiano, lo stare nella compagnia degli uomini è acquisto attraverso spartizione di spazi, la carità di chi si curva sugli ultimi si manifesta come una volontaristica forma di fare il bene ricevendo consenso dalla società.

A questo atteggiamento nei confronti del mondo si accompagna nei rapporti tra le chiese la rinascita di un nuovo confessionalismo che ogni giorno svuota lo sforzo ecumenico inaugurato da Giovanni XXIII e dal concilio e in nome di una carità confessionale da custodire e salvaguardare, si minaccia la carità e la comunione che abbisognano non di calpestare la verità, ma certamente di sapersi anche fare poveri delle ricchezze non essenziali quando queste acuiscono le diffidenze e riaccendono antichi conflitti. E così, pure nella nostra stessa chiesa, sembra sempre più difficile il suo sedersi alla tavola dei peccatori come ha fatto Gesù, sempre più difficile l'uso della misericordia, sempre più contraddetta la logica della comunione, l'unica logica richiesta per essere la chiesa a immagine della Trinità di Dio, la chiesa del Signore Gesù.

La contestazione oggi non è più, per grazia, una tentazione e, se se ne sente la voce isolata qua e là, si ha l'impressione che proprio Una mancanza di silenzio la faccia sbavare rendendola confusa e ponendola fuori dalla logica della comunione e della carità verso i fratelli e verso i pastori delle chiese; la conflittualità invece permane e potrebbe, se tesa alla carità, essere fonte di dinamica ecclesiale, ma occorrerebbe che fosse leale e veritiera, che usasse il linguaggio evangelico del "sì, sì; no, no" e non si nutrisse di feroce critica nel vocìo dei corridoi, seguita poi da proclami pubblici pieni di deferenza e di omaggi che suonano come menzogne.

È invece possibile il silenzio e in questo cammino si è certamente consolati da molte nuove realtà di popolo di Dio che ormai sempre di più si sente convocato dalla Parola, si stringe intorno alla Parola: parrocchie, comunità religiose, gruppi, chiese locali! Sono ormai tante realtà, presenti nel silenzio e nel quotidiano, ma che cercano con ogni sforzo, nonostante il peccato che ci abita tutti, di seguire il Signore nel riconoscimento della centralità della Parola.

Questo è una grande promessa e darà i suoi frutti nella logica della croce, ma li darà tra gli uomini, nel mondo.

Unico pericolo che sta all'orizzonte oggi è quello della disaffezione alla chiesa che porta prima o poi per molti ad un misconoscimento del corpo del Signore nella storia, e per alcuni ad un accrescimento di rabbia e di frustrazioni nel vedere che lo grande speranza del concilio' viene meno.

Allora proprio per non entrare nella critica da corridoi, proprio per non rendere più grigio questo inverno ecclesiale, noi crediamo che è tempo di lasciare agire il silenzio. Non il mutismo, non il disinteresse, non l'abbandono, ma il silenzio che unisce a Dio stesso e che si può spezzare tra discepoli di Cristo come il pane eucaristico.

Dio d'altronde è Parola e silenzio e se ci sono tempi in cui si ode lo sua parola potente ci sono tempi "in cui è rara lo parola di Dio" (l Sam 3.1). Anche Gesù dopo aver parlato e predicato ha fatto silenzio (cf. Mt 26.63; 27.12; Lc 23.9-10) fino a diventare agnello afono. l doni che Dio ha fallo alla chiesa negli ultimi tempi sono grandissimi ed è forse venuto il momento di esplorarli, di leggerli, di ridirli, di conservarli nel cuore e di meditarli (cf. Lc 2.2, 19,51).

"Fa' silenzio Israele e' ascolta il Signore!" (Dt 27.9).

Fare silenzio per permettere l'ascolto, l'accoglienza della Parola, l'obbedienza interiorizzata ... Fare silenzio per ascoltare verità che noi possiamo percepire e cogliere solo nel silenzio. Non tutte le verità sono consegnate alla parola: ci sono verità inespresse e inesprimibili di cui dobbiamo avere conoscenza e di cui dobbiamo fare esperienza.

Fare silenzio per lo vita fraterna ecclesiale e comunitaria:· il silenzio infatti porta con sé l'umiltà che permette, anche in mezzo a contrarietà e addirittura a ingiustizie di ogni genere, di abbracciare dentro di sé lo sofferenza.

Il silenzio è infatti ordinato alla pazienza, indissolubilmente legato alla caritas Dei (2Ts 3.5), non lascia cadere nelle dispute e nelle discussioni (contentionem non amare; RB 4.68). Così il silenzio ordina lo carità dentro di noi e porta a vincere le nostre aggressività e impedisce in noi quella ribellione che tende immediatamente ad esprimersi con lo parola che sovente ferisce.

Il silenzio ci porta alla pace del cuore autentica, cristiana, accrescendo lo fede in colui con il quale dobbiamo sempre essere in dialogo, perché il precetto è: pregate sempre, senza stancarvi (cf. Lc 18.1; 1Ts 5.17).

Sì, il silenzio non è muto e in certi tempi lo verità grida più forte con il silenzio che con le parole ... Per il servo del Signore c'è stato un tempo in cui "non ha aperto bocca" (Is 53. 7), eppure più che mai in lui era presente lo gloria, lo forza di Dio ... Amici e ospiti, il silenzio non è un valore monastico, ma è un valore umano e spirituale essenziale a ogni discepolo del Signore e a ogni credente che ama lo sua chiesa. Nessun ghetto, nessun culto del cenacolo, ma un silenzio umile di chi ama i fratelli e vuole stare nella compagnia degli uomini, peccatore come lo siamo tutti, ma fiducioso di essere un peccatore perdonato dalla Parola, dall'Eucaristia, dal silenzio spezzati in nome del Signore. È questo il tempo di passione, lo Pasqua di Resurrezione è vicina e noi preghiamo con voi il Signore df!lIa chiesa non dimenticando, nella comunione dei santi, quelli che vissero nel silenzio, tra cui Maria, Vergine del Silenzio. Ai nostri amici che non condividono con noi lo fede cristiana diciamo tutto il nostro affetto, la nostra vicinanza, il nostro sentirci solidali con loro sapendo che non abbiamo bisogno di altro che della verità!

i fratelli e le sorelle di Bose

12 aprile 1987, Domenica delle Palme
Ingresso del Messia mite e umile in Gerusalemme



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