Dall’infamia alla gloria

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21 novembre

Fratelli, sorelle,

l’ultima domenica dell’annata liturgica B presenta come testo evangelico un passo tratto dalla passione secondo il IV vangelo, vangelo che compie la trasfigurazione della croce da momento infamante e vergognoso a manifestazione di gloria, espressione di vera regalità. Dove la regalità è regnare su di sé, sul desiderio di rendere il male con il male, di rispondere per le rime a chi ingiustamente, ma forte di potere e di appoggi, ha messo in atto una ingiusta condanna e si è accordato il diritto e il potere sulla vita di altri. Se è autentica e realistica la presentazione della crocifissione come evento tragico, scandaloso, ignominioso, infamante – e questa è la presentazione che ne fanno i Sinottici – in realtà è vera anche la presentazione trasfigurata che ne fornisce Giovanni. Dai sinottici a Giovanni assistiamo a un passaggio dall’infamia alla gloria.

Quel passaggio diviene una vera e propria dinamica della vita spirituale cristiana che i credenti sono chiamati ad assumere: fare anche degli eventi di contraddizione, di ingiustizia, di infamia e di vergogna, dei luoghi gloriosi. Da luoghi in cui si esprime la malvagità umana a luoghi in cui si manifesta la presenza di Dio. Come avviene quel passaggio? Non evitando tali eventi, non sfuggendoli, non rimuovendoli ma abitandoli con pazienza, fede e speranza. Gesù discerne come tentazione l’invito e scendere dalla croce e salvare se stesso. No, si tratta di abitare le situazioni in cui si è reificati, resi oggetto delle parole, dei gesti e della violenza altrui, e abitarle radicati nella verità a cui si è consacrato il senso del proprio vivere. Si tratta di abitare il mondo interiore e invisibile che consente di attraversare il mondo esteriore e visibile soprattutto quando questo si esprime in tutte le sue potenzialità di male, dispiegando tutto il ricco arsenale di armamenti che la malvagità umana sa mettere a disposizione.

In realtà, abitare le situazioni in cui gli eventi scaricano su di noi la loro valenza distruttrice, mettendo in atto la ypomoné, la sopportazione, la perseveranza che consiste nell’incassare la testa fra le spalle e rimanere fermi sotto i colpi che la sorte riserva, produce in noi una trasformazione, ci spinge a quella conversione a cui spesso opponiamo resistenze perché l’obbedienza non ci è naturale e così le difficoltà, le cose che patiamo non solo ci insegnano l’obbedienza, ma forgiano il nostro carattere, operano mutamenti in noi, ci guidano a conversione, cambiano il nostro cuore e la nostra mente, il nostro modo di guardare le cose. E così noi possiamo obbedire a quanto la nostra Regola afferma più volte parlando della croce quotidiana, della croce da portare ogni giorno (RBo 7.20.26), ovvero che così la sequela potrà operare il vero e grande cambiamento a cui siamo chiamati, il renderci un po’ più simili a Cristo. Dice la Regola: “Solo seguendo Cristo nel suo cammino ti identificherai a lui per ritornare al Padre” (RBo 7). Identificazione è espressione eccessiva, troppo forte, tuttavia, almeno “minore dissimiglianza” o “maggiore somiglianza”, sono espressioni passabili, adeguate.

Perciò fratelli e sorelle siamo sobri e vigilanti perché il nostro Avversario, il Divisore, si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede, senza scoraggiarci nelle difficoltà, anzi facendo delle difficoltà le occasioni per irrobustire la nostra fede, la nostra speranza e la nostra carità. E tu, Signore, abbi pietà di noi.

fratel Luciano