Cento anni fa nasceva il teologo ortodosso Olivier Clément. Sostenne la necessità di ripensare la tradizione ortodossa perché aprisse strade di dialogo con il cristianesimo occidentale e con altre religioni
di RICCARDO BURIGANA
Con queste parole Olivier Clément (1921-2009) volle presentare la sua meditazione per la Via Crucis del Venerdì santo del 1998, al Colosseo, con la quale egli era stato chiamato da san Giovanni Paolo II a condividere le speranze ecumeniche di una vita spesa per Cristo. Nato il 17 novembre 1921, a Aniane, un piccolo villaggio dell’Aquitania, la sua educazione, in una famiglia che si dichiarava atea, è lontana da qualunque dimensione cristiana in anni nei quali le vicende politiche e la tragedia della guerra spingono il giovane Olivier verso il marxismo, con l’idea che questa sia la soluzione alle ingiustizie, tanto più dopo la sua partecipazione attiva alla resistenza.
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L’iconografia può essere vista come una testimonianza dell’esegesi e della spiritualità cristiana nel corso della storia. Considerando le rappresentazioni di Giovanni Battista, possiamo cogliere gli aspetti differenti propri alle varie epoche, riflesso dei dibattiti che sollecitavano le risposte dei credenti
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