Al di là del sacrificio
Domenica 07 Maggio 2017
Il mondo animale non conosce il sacrificio, non c'è mai nell'animale una volontà di sacrificarsi per qualcosa, è puro scaturire di vita; l'uomo invece conosce l'istinto a sacrificarsi, dunque è necessario capire a fondo la struttura di questo dispositivo, il sacrificio, che da sempre fa parte della vita di ogni uomo, di ogni gruppo umano e religioso.
Domenica 7 maggio Massimo Recalcati, ritornato anche quest’anno a Bose per la serie dei “confronti” organizzati dalla nostra comunità, così ha esordito nella sua riflessione sul tema del sacrificio, puntando lo sguardo su quello che ha chiamato il “fantasma sacrificale”. Esiste infatti nella vita di ciascuno un sacrificio simbolico, cioè la messa a morte della propria animalità, per entrare nel mondo civilizzato, il distacco dalla madre per divenire adulti, questo tipo di azione sacrificale non ha nulla di patologico né di fantasmatico, è positiva, è condizione per l’umanizzazione.
Ma esiste anche, ed è su questo che ha riflettuto Recalcati davanti ai numerosissimi ascoltatori, un sacrificio immaginario, un paradosso: esiste il sacrificio elevato a idolo, una passione per il sacrificio stesso. Il sacrificio non porta a Dio, ma il sacrificio si sostituisce a Dio! Ecco dunque il meccanismo patologico che si instaura: questa idolatria del sacrificio porta con sé l'incubo del dovere per il dovere. L'uomo del sacrificio, infatti, desidera, come diceva già Nietzsche, “signoreggiare sulla vita”, ma dove il suo controllo fallisce, travolto dall'inafferabilità della vita stessa, ecco che comincia ad odiare la vita, a mettere la vita contro se stessa.
Questo, ha ricordato Recalcati – è una delle patologie più rischiose per l'uomo religioso, il quale crede che un ascetismo sacrificale possa garantirgli quella superiorità morale che nutre il proprio narcisismo. Questo atteggiamento ha a che fare con l'immagine di Dio: se si immagina un Dio giudicante e persecutorio allora non si potrà fare altrimenti che vivere in un'espiazione perenne. Non a caso la predicazione di Gesù prese di mira la pratica dei sacrifici al Tempio, perché raccontava di un Dio diverso, a cui non sfugge il numero dei capelli del nostro capo, ma non giudica e non spia e dunque non ha bisogno di essere “placato” con i nostri sacrifici. Il rischio è amare la nostra immagine di Dio più degli uomini, e questo porta al disprezzo, al giudizio degli altri.
Il “fantasma sacrificale” è portato all'estremo in ogni pensiero fondamentalista, e la figura del terrorista è l'emblema del sacrificio immaginario. Questo sacrificio porta infatti in sé due elementi: quello “economico” e quello della rinuncia. Il primo si basa sulla certezza che il prezzo per la vita sacrificata sia la vita eterna; il secondo è l'idea che la rinuncia potenzi la rinuncia stessa, senza avere un oggetto a cui approdare. É la perversione del sacrificio per se stesso e per niente altro.
Non è un caso che nei racconti evangelici in cui si menziona il “Regno di Dio” si insista così tanto sull'elemento della contemporaneità di questo evento: adesso è il Regno, non qualcosa che si meriterà poi.
Dunque vi sono due sacrifici possibili, e quindi due leggi a cui obbedire: la prima è la legge che instaura una logica di trasgressione/castigo, in cui il sacrificio non è altro che l'escamotage per fuggire al giudizio implacabile del proprio super io. La seconda invece, che, secondo Massimo Recalcati, è rimasta minoritaria nel cristianesimo, è quella dell'aut aut, del sacrificio come elemento a servizio della propria libertà in cui l'obbedienza che si deve è alla legge del proprio desiderio.
Al termine della conferenza Massimo Recalcati insieme a fr. Enzo Bianchi hanno ascoltato e risposto alle numerose domande del pubblico. Infine fr. Enzo ha tracciato una breve storia del sacrificio nella Bibbia e ha annunciato un futuro incontro sul tema del sacro, che, da sempre, per la comunità è oggetto di ricerche, approfondimenti e riflessioni .