La lezione del Getsemani
Domenica 25 Febbraio 2018
Domenica 25 febbraio si è tenuto a Bose il confronto con Massimo Recalcati dal titolo: “La lezione del Getsemani”. Il noto psicanalista ha offerto ai quasi cinquecento presenti una ricca lettura dei racconti della notte precedente alla passione di Gesù da un punto di vista antropologico. Il centro della notte del Getsemani è infatti una grande metamorfosi che può riguardare, in modo più o meno intenso, ogni essere umano: il passaggio dalla gloria all’infamia, dal successo all’insuccesso, dalla luce alle tenebre. La posta in gioco è una liberazione, non dalla morte, ma attraverso l’esperienza della morte, che “porterà a cogliere il fatto che la morte non è l’ultima parola sulla vita, la chiusura della vita, ma è ciò che permette alla vita di essere capace di generare molti frutti”.
Nel cuore della notte del Getsemani sono racchiuse tre “esperienze radicalissime” della vita umana.
Il tradimento da parte di chi è vicino, di chi condivide la propria tavola, la propria casa. C’è il tradimento di Giuda, frutto di un amore deluso, di chi nutre aspettative nei confronti dell’altro, nell’illusione di un rapporto di coincidenza e di rispecchiamento che poi sfocia nella disillusione e nell’odio; e poi c’è il tradimento di Pietro, che mostra di non essere all’altezza del suo “puro” amore per Gesù, un amore “sovrabbondante, solido, ricco” che però esclude la contraddizione: “un amore non attraversato dalla contraddizione è un amore impossibile”.
La seconda esperienza fondamentale del Getsemani è l’angoscia di fronte alla morte. Mentre in tutto il vangelo è in risalto la parola di Gesù, da questo momento in poi è il suo corpo ad essere in primo piano. Un Gesù che trema, debole, vulnerabile, fragile, che chiede di non essere lasciato solo, e che riceve come risposta il sonno dei discepoli, che “non riescono a mettere in rapporto la gloria del maestro con quell’uomo nudo, spaventato, che si rifugia in una preghiera disperata”.
La preghiera è la terza protagonista di questa notte. La preghiera come radice ultima, essenza della parola, che è in ultima analisi sempre rivolta verso un altro. Un figlio, il figlio di Dio, chiede al Padre clemenza, che gli sia risparmiata la prova della morte, chiede che la sua amata vita continui. Dio risponde con il silenzio. Un silenzio che fa dire a Bonhoffer: “solo chi è senza Dio è più vicino a Dio”. In seguito la preghiera di Gesù cambia forma, e, cogliendo il nesso che lega la morte alla vita, non chiede una liberazione, ma di consegna: passa per la via del disarmo assoluto dell’io, il più spaventato dalla morte, e si consegna non perché ci sono dei segni, ma proprio perché non ci sono. E’ per questo che, almeno nel vangelo di Luca, appare un angelo dal cielo a vegliare con lui.
Nel pomeriggio, i presenti hanno posto a Recalcati numerose domande che hanno permesso al relatore di ampliare e approfondire i temi trattati. In conclusione, il fondatore fr. Enzo Bianchi, ha ringraziato Recalcati per l’amicizia fedele e la disponibilità a rinnovare ormai da anni l’appuntamento annuale a Bose.