Cenobio ed eremo nel monachesimo occidentale

XVIII Convegno Ecumenico Internazionale
XVIII Convegno Ecumenico Internazionale

XVIII Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
COMUNIONE E SOLITUDINE NELLA TRADIZIONE ORTODOSSA
Bose, 7-10 settembre 2011
in collaborazione con le Chiese Ortodosse

L'OSSERVATORE ROMANO, 10 settembre 2010

Pubblichiamo stralci della relazione Comunità ed eremo nella tradizione monastica occidentale tenuta giovedì dall'abate di Scourmont al Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa in corso al monastero di Bose.
 
di ARMAND VEILLEUX

Il Vangelo si è diffuso in Occidente, come del resto in Oriente, utilizzando i mezzi di comunicazione dell'Impero romano, che era una federazione di "città". Questo spiega perché il cristianesimo è stato, al tempo delle origini, soprattutto una religione urbana. Si può parlare della Chiesa di Cartagine e di Roma come si parlava della Chiesa di Corinto, di Antiochia o di Efeso. Bisognerà attendere la caduta dell'Impero romano e le invasioni dei barbari per assistere a una vera e propria evangelizzazione delle campagne. È evidente dunque che l'ascesi cristiana è stata vissuta, nel corso dei primi secoli, non soltanto al cuore delle città, ma all'interno delle famiglie. La vita delle vergini e delle vedove, ma anche degli asceti di sesso maschile, effettivamente meno numerosi, si svolgeva in una relativa solitudine nella loro casa privata, non senza una comunione costante, soprattutto nella liturgia, con la Chiesa locale. È l'epoca di Tertulliano e di Cipriano, che si possono considerare i padri dell'ascetismo occidentale.

Questo ascetismo nelle prime generazioni era prevalentemente femminile, perché gli uomini, per assolvere i loro doveri militari in seno all'esercito romano, dovevano praticare i riti della religione pagana ufficiale, e spesso ricevevano il battesimo solo in età avanzata o addirittura sul letto di morte, molto tempo dopo che le loro spose, sorelle e figlie si erano fatte cristiane. Ma a partire dal iv secolo si sviluppa in Occidente un monachesimo maschile caratterizzato da grandi personalità, uomini che saranno, nella loro vita personale, volta a volta eremiti, poi fondatori di cenobi, prima di diventare vescovi e fondatori di monasteri clericali. Le comunità che essi fondano, d'altro canto, coniugano armoniosamente solitudine, vita comunitaria e attività missionaria. Si pensi a un Martino di Tours e a un Ilario di Poitiers, così come alla fondazione di Ligugé nel 361 e a quella di Marmoutiers nel 371. Nel loro caso, parlare di eremitismo o di cenobitismo sarebbe un anacronismo:  a seconda delle tappe della loro conversione personale, essi passano dalla solitudine alla vita comunitaria; e quest'ultima, a seconda delle necessità, viene vissuta in una grande solitudine o nell'attività missionaria. Sant'Onorato sbarca intorno al 410 sull'isola di Lérins, descritta come horror solitudinis, ma in essa viene ben presto raggiunto da numerosi compagni. Qualche tempo dopo Cassiano tenta invece di riorganizzare la vita cenobitica già esistente a Marsiglia, su invito del vescovo Castore, ma la sua nostalgia del monachesimo egiziano conosciuto vent'anni prima lo porta a dare al suo insegnamento un orientamento nettamente eremitico in un contesto cenobitico.

La caduta dell'Impero romano e l'arrivo dei barbari segnano l'inizio del processo di conversione delle campagne. Quando Teodorico, re degli Ostrogoti, prende il potere a Roma, nel 493, si apre di nuovo un piccolo spiraglio di civiltà. Egli si circonda di collaboratori di grande qualità, come Boezio e Cassiodoro, e la sua apertura alla tradizione romana permette la comparsa nella Chiesa della rinascita gelasiana. È nella congiuntura di questo brevissimo periodo di rinnovamento ecclesiale e sociale che un autore sconosciuto scrive la Regula Magisteri, e tra gli studenti che venivano ancora mandati dai genitori a Roma per la formazione c'è un giovane di Norcia, un Benedictus vir, come lo chiamerà Gregorio Magno due secoli dopo. In questo contesto romano, la differenza tra le forme di vita è chiara. Benedetto conosce gli eremiti, ma scrive una regola per cenobiti. La vita eremitica per la quale nutre stima è quella di chi fa l'eremita dopo essersi formato a lungo in seno alla vita comunitaria. Questo tipo di monachesimo, chiaramente cenobitico, comincia a diffondersi in Italia. Ma i barbari dilagano nell'Impero con un'ondata di nuove invasioni. Il monastero di Montecassino viene distrutto nel 573, e nulla rimane dei monasteri fondati personalmente da Benedetto, a parte la sua Regola, che viene utilizzata da alcune piccole comunità disperse. Di essa viene a conoscenza molto più tardi Papa Gregorio i (590-604), che non soltanto consegna ai posteri l'eredità del Benedictus vir di Subiaco e di Montecassino, raccontandone la Vita nel secondo libro dei Dialoghi, ma invia monaci romani a evangelizzare l'Inghilterra.

Questa rifondazione del monachesimo benedettino da parte di Gregorio Magno conferisce da quel momento al monachesimo occidentale un orientamento chiaramente cenobitico, con l'aggiunta di un accento missionario. Tale prevalenza del cenobitismo come forma organizzata di monachesimo viene fortemente accentuata due secoli dopo dalla riforma carolingia, che impone una regola monastica unica per tutti i monasteri dell'Impero, mentre, fino a quell'epoca, la maggior parte delle comunità monastiche trovava il proprio nutrimento spirituale nel ricorso a diverse regole, ivi compresa quella di san Colombano, anche se quella di san Benedetto si era di fatto progressivamente imposta nella prassi, per il suo valore intrinseco.

La riforma carolingia ha avuto comunque il merito di distinguere, accanto all'ordo canonicus e all'ordo monasticus, l'ordo solitariorum:  gli eremiti da quel momento vengono riconosciuti come categoria in seno alla Chiesa e sono soggetti a una certa legislazione. L'effetto di questa riforma carolingia è di breve durata. L'Occidente viene coinvolto in una seconda ondata di invasioni, che ha come risultato l'instaurazione di una prima era feudale nella quale, sulle rovine dell'Impero carolingio, si sviluppa il prestigio del papato. Le comunità cenobitiche vengono assoggettate ai signori feudali - che talora le fondano in espiazione dei loro peccati - e aspirano a liberarsi da questo rapporto di dipendenza. È quello che fa Cluny, mettendosi sotto l'autorità diretta del Pontefice romano e acquisendo così la propria libertas nei confronti di ogni signore feudale, laico o ecclesiastico. La riforma di Cluny è un'imponente riforma spirituale, sotto la guida di grandi abati. Ma Cluny, avendo dovuto rinunciare all'autonomia delle comunità locali per far sì che tutte quelle che gli erano affiliate fruissero della libertas della casa madre, diventa un enorme ingranaggio del mondo feudale. A livello istituzionale, questa riforma ha talmente successo che provoca una profonda crisi del cenobitismo.
Un'altra aspirazione stava nascendo nel popolo di Dio:  è l'epoca della riforma gregoriana, che prende nome da papa Gregorio vii (1073-1085), anche se comincia prima del suo pontificato e continua dopo la sua morte. In quell'epoca si assiste a un'ondata dirompente di movimenti di vita cristiana che imprimono un dinamismo a tutto il popolo di Dio. I cristiani - sia laici che chierici - vengono allora contagiati da una grande sete spirituale. Questo movimento tocca anche tutte le forme di vita religiosa:  monaci, canonici ed eremiti. Vi si trovano coinvolti uomini e donne, celibi e sposati, chierici e laici. L'aspirazione era un ritorno alla semplicità evangelica della prima generazione cristiana. Andavano in pellegrinaggio per le strade, partivano anche in gruppi molto numerosi verso nuovi "deserti". La crisi del cenobitismo provoca una rinascita dell'eremitismo.

Nella prima metà dell'XI secolo, alcuni riformatori, come Romualdo a Camaldoli, o come Giovanni Gualberto a Vallombrosa, fanno della penitenza e della povertà vissute in solitudine la motivazione del loro agire e il cuore della loro riforma. Nascono numerose fondazioni di carattere eremitico. Tra i frutti di questa crisi del cenobitismo e di questa nuova ondata di eremitismo, si possono annoverare, sul versante eremitico, la fondazione di Camaldoli e della Chartreuse, che rimarranno in vita fino ai nostri giorni, e, sul versante cenobitico, Cîteaux.

Da Trento in poi e fino al Vaticano ii, i diversi istituti di vita eremitica e di vita cenobitica continuano ognuno nel solco della propria storia, cercando di rinnovarsi periodicamente, spesso dividendosi in osservanze diverse. Va detto che l'eremitismo nella chiesa latina è quasi sempre stato - soprattutto dopo il Codice di diritto canonico del 1917 - una vita solitaria vissuta in comunità, o per lo meno in collegamento con una comunità. Bisognerà attendere il Codice del 1983 perché un eremita che non appartiene ad alcuna comunità (a parte quella della sua Chiesa diocesana) possa essere considerato come "religioso" o "consacrato".
Negli anni immediatamente precedenti e successivi al concilio Vaticano ii si assiste a una nuova ondata di eremitismo, che contribuisce, come in passato, a un rinnovamento del cenobitismo. Come in passato, molti di coloro che si sono sentiti chiamati alla vita eremitica erano persone insoddisfatte della vita cenobitica che si offriva loro. In seguito, o hanno abbandonato tutto dopo alcuni anni, oppure sono tornati alla loro comunità per lavorare efficacemente al suo rinnovamento. Ma c'è stato anche un buon numero di eremiti autentici, che hanno concorso con la loro vita di nascondimento, come anche, in certi casi, con i loro scritti, al rinnovamento di tutta la Chiesa. Si potrebbero citare, tra gli altri, Jacques Winandy e Thomas Merton. Nel momento in cui questo fascino dell'eremitismo era al culmine, nel 1975, è stato organizzato un incontro dal canonico Arthur McDonald Allchin a Saint David, nel Galles, per riflettere sul significato di tale fenomeno. Uno dei partecipanti a questo incontro, monsignor Kallistos Ware, è qui presente tra noi; ma un altro ci ha lasciati di recente. Si tratta di padre André Louf, un grande amico di Bose, che negli ultimi anni della sua vita ha realizzato il suo sogno di vita eremitica, dopo essere stato per trent'anni abate di una comunità cenobitica.

Il mondo e la Chiesa di oggi hanno bisogno di autentici eremiti e di autentiche comunità. Eremiti e cenobiti, tutti abbiamo la stessa vocazione e la stessa missione:  quella di vivere, sebbene in forme differenti, le due dimensioni essenziali di ogni vita cristiana che sono la comunione e la solitudine. Gli autentici solitari vivono in profonda comunione con il mondo e la Chiesa, e i veri cenobiti sanno fondare la loro comunione su una relazione personale con Dio nella solitudine.

ARMAND VEILLEUX

(©L'Osservatore Romano - 10 settembre 2010)