Responsabilità/alterità

Nella lingua latina il termine che corrisponde alla parola italiana “responsabilità” è sponsio che vuol dire propriamente “promessa”, “impegno”; suo sinonimo è praestatio che vuol dire rendersi garante di qualcuno o di qualcosa. Responsabile è dunque colui che si fa mallevadore di qualcun altro. La responsabilità è una presa in carico: essa obbliga a una risposta. C’è responsabilità solo in quanto c’è relazione. In molti ricorderanno la celebre frase esistenzialista “l’inferno sono gli altri”. Quella frase esprimeva non solo il rifiuto degli altri, ma anche l’insofferenza per l’impossibilità della propria autosufficienza. Che sono poi due facce della stessa medaglia. Chi, infatti, fosse autosufficiente, sarebbe libero da ogni obbligo nei confronti degli altri e di sé: tutto gli sarebbe possibile perché da nessuno dipende. Invece così non è, perché noi esistiamo solo nella e per la relazione, siamo in catena e questo rende la responsabilità possibile e la rivela insieme come inevitabile. Ognuno di noi esiste in virtù di altri, e non solo perché da altri è stato generato, ma perché da questo sarebbe presto uscito, così come vi è entrato, se non fosse stato accolto, cresciuto, da qualcuno a suo modo amato. Nessuno di noi sarebbe al mondo se qualcuno non ci avesse preso in carico, non se ne fosse assunto la responsabilità. Ogni uomo, in ragione del suo semplice esistere, non può che essere grato, anche se ha buone per lamentarsi, per disprezzare, maledire. Questo sentimento si genera soprattutto quando ci si rende conto che il bene di esistere è goduto ampiamente meno di quanto lo si potrebbe e non per inimicizia della natura, ma perché gli uomini, lungi dal sostenersi, si ostacolano, spezzano la catena che li lega nella vana illusione di potersi rafforzare ognuno per proprio conto.