La valenza politica della strada

Quando e fino a quando le città possono permettersi una bohème, cioè una parte di popolazione un po’ marginale, ma che in pace inventa arte e vita, poesia e danza, e lo fa non come un business, ma come una ricerca e un piacere innanzitutto, un piacere a cui subordina l’arricchimento e il benessere? Per essere così una città deve ammettere che una parte rimanga protetta dalle speculazioni, che serva a rinnovare e sperimentare. Ma soprattutto una città è tale fin quando i suoi abitanti, qualunque cosa facciano e qualunque sia il loro reddito, possono ancora incontrarsi “casualmente” per strada. La strada era ed è la chiave della democrazia. Soprattutto in America, un paese che ha dimenticato molto presto come il diritto a riunirsi per strada insieme al diritto a essere sconosciuto tra sconosciuti siano alla base della vita sociale e dell’esercizio della libertà comune. Le città hanno smesso o rischiano di smettere di essere democratiche quando alla vita di strada si sostituisce uno spazio diviso in aree recintate e sorvegliate ed una circolazione riservata solo alle automobili. Rudolph Giuliani, il sindaco di New York della tolleranza zero, che si vanta di aver ripulito Manhattan dai suoi pericoli, nel 1997 aveva dichiarato pubblicamente che i pedoni disturbavano il traffico.

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