Un luogo per la lectio divina

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Quando dunque tu vuoi immergerti in questa lettura orante cerca anzitutto un luogo di solitudine e di silenzio, dove tu possa nel segreto pregare il Padre fino a contemplarlo.

La cella, la camera è un luogo per assaporare la presenza di Dio, non dimenticarlo mai (cf. Matteo 6.5-6). Qui infatti è il luogo della lotta del tuo cuore, è il deserto dove anche Gesù pregava ed era tentato (cf. Marco 1,12 e 35; Matteo 4,1-11; ecc.), il luogo dove Dio ti attira a sé per parlare al tuo cuore e farti doni in abbondanza, trasformando gli abissi angosciati del tuo cuore in valli e porte di speranza (cf. Osea 2,16-17). Così, nel luogo solitario, la tua giovinezza spirituale sarà rinnovata, tu potrai cantare al tuo Signore, al tuo sposo, sentirti appartenente soltanto a lui e in pace con tutti gli uomini e tutte le creature animate e inanimate (cf. Osea 2,18-25).
La camera dunque, il luogo deserto siano per te un santuario dove Dio ti umilia e ti prova con la sua Parola ma così facendo ti educa, ti consola, ti nutre.

Sentirai certamente la presenza dell'Avversario che ti tenta alla fuga, che ti rende pesante la solitudine, che ti distrae con le tue abitudini e le tue preoccupazioni, che cerca di sedurti con miriadi di pensieri mondani: non abbatterti, non disperare e resisti in questa lotta corpo a corpo col demonio, perché il Signore non è lontano da te, anzi non solo sta a vedere come combatti ma combatte in te la tua lotta. Aiutati, se vuoi, con un icona, un cero acceso, una croce, una stuoia su cui inginocchiarti e pregare: non temere di usare questi strumenti, senza tuttavia cedere alle mode e all'estetismo; essi possono ricordarti che tu non stai studiando la Bibbia o leggendo delle parole, ma che tu sei davanti a Dio, pronto ad ascoltare, in colloquio con lui.
Se ti viene la tentazione di fuggire, resisti, a costo di restare atono, in silenzio, ma resisti: devi abituarti a tempi di solitudine, di silenzio, di distacco dalle cose e dai fratelli, se vuoi incontrare Dio nella preghiera personale. 

Un tempo di silenzio perchè Dio parli

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Cerca che il luogo della lectio divina e l'ora del giorno ti permettano il silenzio esteriore, preliminare necessario al silenzio interiore.

Il Maestro è qui e ti chiama (cf. Giovanni 11,28) e per udirne la voce devi far tacere le altre voci, per ascoltare la Parola devi abbassare il tono delle parole. Ci sono tempi più adatti al silenzio rispetto ad altri: nel cuore della notte, al mattino presto, alla sera... vedi tu secondo il tuo orario di lavoro, ma resta fedele al tempo e determinalo nella tua giornata una volta per tutte. Non è serio andare incontro al Signore quando hai un vuoto tra gli impegni da riempire con la preghiera come se il Signore fosse un tappabuchi. E non dire mai: «Non ho tempo!», perché così tu dichiari di essere idolatra: il tempo della giornata è al tuo servizio e non tu schiavo del tempo!
Sii dunque avvolto dal silenzio e il tempo della lectio ritmi la tua vita. Tu sai che bisogna pregare sempre, senza stancarsi mai (cf. Luca 18,1-8 e 1 Tessalonicesi 5,17), ma sai anche che occorrono dei tempi precisi e specifici per fare questo esplicitamente e visibilmente onde sostenere la memoria Dei in tutta la tua giornata. Sei un innamorato del Signore o tendi a esserlo? Allora non disdegnare di consacrare a lui quel tempo che consacri abitualmente, senza fatica, ogni giorno a tua moglie, a tuo marito, ai tuoi familiari, ai tuoi amici.

E non dimenticare che questo tempo per la lectio deve essere sufficientemente lungo, non un ritaglio. Devi prendere calma, devi essere in pace, certamente alcuni minuti non bastano. Per la lectio occorre almeno un'ora, dicono i Padri...
Nella giornata quante parole ascolti! Quante letture fai! Che le parole non soffochino la Parola: anche in questo devi essere vigilante. Se le parole mondane sono abbondanti, che primato concreto può avere la Parola su di esse? Fare la lectio divina puntualmente ogni giorno non ti esime mai dal verificare il rapporto tra Parola e parole. Queste per la loro quantità e la loro qualità possono soffocare la voce divina e non permettere che questa cresca e dia in te il suo frutto (cf. Marco 4,13-20). Che senso ha leggere di tutto, alimentarsi di argomenti mondani, fare letture che lasciano profonde tracce di impurità nel cuore e poi pretendere di vivere della Parola che esce dalla bocca di Dio? Se non vigili sul rapporto Parola-parole nella tua vita sei condannato a restare dilettante, un orecchiante paralizzato nei confronti di un vero cammino di iniziazione. 

La lectio divina esperienza di Israele e della chiesa

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Già nell'antica economia di Israele, si pregava con la Parola e si ascoltava la Parola nella preghiera. Puoi vedere la descrizione di questa prassi comunitaria leggendo il c. 8 di Neemia. Tale metodo che prevede la lettura, la spiegazione e la preghiera diventò il modo classico giudaico della preghiera che anche il cristianesimo ha ereditato (cf. 2 Timoteo 3,14-16), metodo non descritto ma testimoniato in diversi luoghi del Nuovo Testamento.

Generazioni di cristiani hanno continuato a pregare così, senza cedere a una pietà non biblica e non riconoscente la signoria assoluta della Parola nella vita di preghiera della chiesa. Tutti i Padri della chiesa d'oriente e d'occidente hanno praticato questo metodo della lectio divina, invitando i fedeli a fare altrettanto nelle loro case, e consegnandoci i loro splendidi commenti della Scrittura che ne erano il frutto essenziale.
Che dire poi dei monaci? Questi ne hanno fatto il centro della loro vita nei deserti e nei cenobi chiamandola l'ascesi del monaco, il suo cibo quotidiano, sicuri che «non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (cf. Deuteronomio 8,3 e Matteo 4,4). A un certo punto si è anche sentita l'esigenza di fissare per iscritto il metodo, in modo da aiutare i neofiti a quest'acquisizione della Parola nello Spirito che non solo santifica ma anche divinizza.

Origene proponendo la theìa anâgnosis alla scuola dei rabbini ebrei, Girolamo ritmando la lettura con l'orazione, Cassiano illustrando la meditatio, Guigo II Certosino indicandola quale «Scala del Paradiso» per i monaci, Bernardo cantandola come miele per il palatum cordis, Guglielmo di Saint-Thierry nella Lettera d'oro e tanti altri hanno fissato i termini della lectio divina stimolando i credenti a percorrerla come via aurea del dialogo e dell'ineffabile colloquio con Dio.
Fino al 1300 questo metodo ha davvero nutrito la fede di generazioni intere e ancora Francesco d'Assisi la praticava con costanza. Ma poi nel basso Medioevo si assiste a una deformazione della lectio divina con l'introduzione della quaestio e della disputatio. Sono secoli di eclisse di questa preghiera che apriranno alla devotio moderna e alla meditatio loyoliana, orazione più introspettiva e psicologica. Soltanto nei monasteri e presso i Servi di Maria questo metodo sarà conservato integro per riapparire epifanicamente proposto dal concilio Vaticano II nella Dei Verbum 25:
«È necessario che tutti conservino un contatto continuo con le Scritture mediante la lectio divina..., mediante la meditatio accurata e si ricordino che la lettura va accompagnata con l'oratio».

Certamente è stato lo Spirito santo che ha voluto che questa forma di ascolto e di preghiera della Bibbia non andasse persa durante i secoli.