Ben poca cosa nelle nostre mani
8 maggio 2025
Indipendentemente dai numeri e dalle circostanze, sarà esperienza pasquale se saremo disposti per grazia a condividere ciò che siamo e abbiamo.
Indipendentemente dai numeri e dalle circostanze, sarà esperienza pasquale se saremo disposti per grazia a condividere ciò che siamo e abbiamo.
Testimonianza (martyría) è la parola che ricorre, martellante, per dieci volte, in questi versetti, e che attraversa da un capo all’altro l’intero Vangelo di Giovanni (cf. 1,7-8.15.19.32.34; 21,24). La testimonianza – come indica la sua radice etimologica: “tenere, sostenere” – è una “prova”, una “manifestazione” nel linguaggio giuridico, e si inscrive dunque nel contesto di una “crisi”, di una causa, di un giudizio, di un tribunale, di una polemica fra Gesù e i suoi avversari che lo accusano di fornire una testimonianza autoreferenziale e quindi non veritiera.
Gesù riprende a parlare. E di parole ne pronuncia tante, al punto che non ci risulta semplice seguirlo. Potrebbero addirittura sembrarci una serie di frasi non molto legate tra loro. In realtà Gesù ci apre oggi uno scorcio sul mistero del suo intimissimo rapporto con il Padre.
A cosa leghiamo la nostra fede: ai prodigi o a colui che è capace di compierli? Questa è la domanda che ci lascia il brano del vangelo di oggi. Siamo al capitolo 5 di Giovanni, tra i tanti elementi che raccordano i primi capitoli di questo vangelo c’è quello dell’acqua. Acqua che segna una conversione nel battesimo di Giovanni all’inizio del vangelo, l’acqua che si trasforma nel vino della gioia alle nozze di Cana, l’acqua del pozzo attorno al quale Gesù e la donna Samaritana discutono dell'acqua viva”.
Facciamo oggi memoria dell’apostolo Filippo, uno dei primi chiamati tra gli apostoli, e di Giacomo, del gruppo dei fratelli del Signore e primo responsabile della chiesa giudeocristiana di Gerusalemme.
Leggiamo oggi una parte del racconto dell’invio in missione da parte di Gesù, che parla del rapporto discepolo-Maestro nella persecuzione e che ben si adatta alla memoria di Atanasio di Alessandria, Padre della Chiesa e Pastore, del quale oggi quasi tutte le Chiese fanno memoria.
L’incontro di Gesù con la Samaritana si conclude, prima del suo ritorno con i suoi concittadini, con una curiosa annotazione: “La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città…” e raccontò ciò che era capitato. Perché aver messo in risalto l’abbandono di quell’anfora? Si tratta di una dimenticanza o di un abbandono voluto? Il testo non lo dice, ma in ambedue i casi questa osservazione può non essere banale.